Alla data del 31 dicembre 2012 (ultimo dato disponibile) nelle cinque province laziali comunque risultavano installati oltre 1.700 Megawattora puliti; una capacità, sempre per intenderci, che può garantire l’approvvigionamento ad oltre 600mila famiglie.
La provincia che in assoluto si è dotata della maggiore capacità produttiva con il sole, i corsi d’acqua e il vento è quella di Viterbo, dove risiede appena il 7% della popolazione laziale e dove, oltre al fotovoltaico, ci sono gli unici impianti eolici della regione.
Al secondo posto viene la provincia di Roma, che in assoluto è quella più popolosa d’Italia. Seguono Latina, Frosinone e Rieti.
Venendo alla zona di distribuzione del nostro giornale, non mancano sorprese e curiosità. In questo caso parliamo della sola fonte fotovoltaica, in quanto è l’unica presente in tutti i Comuni laziali e nazionali. Per quanto riguarda la provincia di Roma, il Comune dove sono stati installati il maggior numero di impianti è Ardea (602 in totale), seguito da Anzio (585), Pomezia (529) e Velletri (383). Molto significativo è il dato di Colleferro, dove è ubicato un termoinceneritore di rifiuti: con appena 75 impianti è stata installata una potenza di oltre 23 Mwh.
Vuol dire che si tratta di impianti grossi e che per realizzarli sono stati utilizzati soprattutto terreni agricoli nella martoriata inquinatissima Valle del Sacco che evidentemente erano stati abbandonati.
Nella Provincia di Latina invece, è proprio il capoluogo ad avere il primato (935 impianti per una potenza installata di oltre 68 Mwh), seguito da Aprilia (631 impianti per 49 Mwh); in entrambi i casi si tratta di una sorta di legge del contrappasso, visto che negli stessi due Comuni, rispettivamente, sono entrate in funzione la prima centrale nucleare d’Italia (che all’epoca era anche la più grande d’Europa) e la prima, nonché ultima, turbogas del Lazio che continua a restare sottoutilizzata e sorpassata dalle rinnovabili vere. Significativi sono anche i dati di Pontinia e Sabaudia (che seguono nella classifica provinciale) dove, anche in questo caso, sono stati installati numerosi impianti di grandi dimensioni su terreni agricoli.
Giova ricordare che proprio l’allora amministrazione comunale di Sabaudia fu l’unica a votare un ordine del giorno nel quale, in ossequio agli annunci del Ministro Scajola, si dichiarava la necessità di costruire una nuova centrale nucleare dalle nostre parti. Ovviamente non nel proprio territorio. Oggi invece, sommando la potenza installata nei primi quattro Comuni in classifica della sola provincia di Latina, con il sole si ottiene più energia di quanta ne produceva la vecchia centrale di Borgo Sabotino, a Latina.
PANNELLI SOLARI SPRAY
Le tecnologie per generare elettricità sono ormai strabilianti ed applicabili davvero ovunque. Qualunque superficie può diventare una piccola centrale elettrica grazie alla tecnologia “spray”: i pannelli fotovoltaici vengono realizzati con una sorta di stampante ad inchiostro (sistema “Roll-to-Roll”, nastri continui flessibili) oppure letteralmente spruzzati e messi in opera senza costi burocratici su qualsiasi superficie, anche una borsa o una tenda o sulla cappotta della macchina ad esempio, e non hanno più il difetto originario di decomporsi dopo pochi mesi.
Li produce in Germania la statunitense Thieme Corporation. La tedesca Heliatekha recentemente ha messo a punto una tecnologia, sempre con il sistema “Roll-to-Roll”, per produrre cellule fotovoltaiche organiche (da materiale vegetale).
ARRIVA L’IDROGENO PULITO MADE IN ITALY
Il genio italiano ha segnato ultimamente un altro colpaccio: tirare fuori idrogeno da immondizia e anidride carbonica. I ricercatori dell’Istituto di chimica biomolecolare di Pozzuoli (NA) hanno brevettato il modo per ricavare questo elemento da fonti rinnovabili, con rese elevate finora mai raggiunte e a costi contenuti. Un nuovo processo biochimico che combina batterio tipico del napoletano, la Thermotoga Neapolitana, “arricchito” con CO2, che così da gas ammazza-clima diventa invece una risorsa energetica pulita. Il batterio funziona come micro-reattore: mangia gli zuccheri contenuti nei rifiuti organici (ottimi gli scarti alimentari e agricoli), li digerisce ed espelle il prezioso gas non nocivo. Al contrario dei digestori degli impianti cosiddetti “bio” gas, che invece producono metano. Il processo si chiama Capnophilic Lactic Fermentation, dal quale si ricava inoltre il prezioso acido lattico molto richiesto nel settore chimico e nella produzione di plastiche biodegradabili. Mentre dalla produzione di idrogeno residua solo acqua pura. Un’importante trovata, che mette l’Italia in pole position in quella rivoluzione energetica sostenibile che gli esperti chiamano “economia dell’idrogeno”.