Qualcosa nel circuito degli ammortizzatori sociali si è inceppato a Latina. Perché centinaia di persone coinvolte da crisi aziendali, ristrutturazioni o chiusure sono da oltre un anno senza stipendio con conseguenze drammatiche sulla vita di tante famiglie. Perlomeno nel capoluogo pontino, perché a Roma sembra andare meglio.
Il Lazio fa registrare un triste primato per quanto attiene alla cassa integrazione: in tutto sono più di 42mila i lavoratori coinvolti fino allo scorso mese di agosto che corrispondono a circa 58 milioni di ore autorizzate. Meno di quanto era stato contabilizzato il mese precedente, ma solo perché alla fine di luglio il governo ha sbloccato ulteriori 400 milioni di euro per completare il pagamento della cassa integrazione e della mobilità in deroga del 2013 e avviare una parte dei pagamenti per il 2014. Il ministro Poletti ha già annunciato 700 milioni di euro per rifinanziare questo tipo di ammortizzatori.
I numeri sono elaborati dalla Uil di Roma e del Lazio e raccontano di un mondo del lavoro bloccato, fermo, e sempre più tendente al ribasso.
Con Regione e Inps che si rimpallano le responsabilità, inoltre, non si capisce dove si interrompe il flusso burocratico e perché per avere i soldi derivanti da cassa in deroga ci vogliono oltre dodici mesi.
«Siamo indietro di un anno – spiega Bruno Carlo, segretario della Slc Cgil del Sud Lazio che segue anche tante vertenze nel settore dell’informazione –. La Regione ha lavorato le pratiche in ritardo. Proprio nei giorni scorsi sono stato alla Pisana e ho verificato di persona che sono state lavorate tutte le pratiche relative al 2013 e quelle fino a marzo 2014, ma queste ultime non sono ancora state trasmesse all’Inps».
La prassi prevede che una volta ricevuta la determina regionale tramite posta elettronica certificata l’Inps abbia quindici giorni per pagare le retribuzioni.
«L’Inps ci mette pochissimo per pagare – conferma Bernardo Velletri, presidente del comitato provinciale Inps di Latina –: tutto dipende in realtà dalla Regione, perché noi siamo solo un ente erogatore».
Una questione economica, che attiene alla cassa, dunque? Gli impiegati dell’istituto di via Cesare Battisti forniscono risposte non univoche: ai lavoratori che vanno a chiedere di volta in volta quando vedranno riconosciuto il diritto ad avere una retribuzione: le spiegazioni che vengono date sono svariate e sempre differenti.
«Quella riferita alla cassa integrazione di agosto è una diminuzione fittizia – spiega Pierpaolo Bombardieri, segretario generale della Uil di Roma e del Lazio – dovuta al calo fisiologico del mese di ferie e alla carenza di risorse della cassa in deroga che rappresenta spesso l’unica ancora di salvezza per la sopravvivenza delle piccole aziende e dei loro dipendenti. I dati sul lungo periodo tra gennaio e agosto ci dicono purtroppo che non solo la crisi continua a perdurare, ma si inasprisce sempre più, facendo della nostra regione una delle più colpite d’Italia».
Cosa cambia con il famoso Job Act
Il premier Matteo Renzi ha annunciato che con la legge di Stabilità 2015 ci saranno le risorse per ampliare la gamma degli ammortizzatori sociali riducendone il numero e le dimensioni. «Dobbiamo far sì che non ci siano più gli strumenti della cassa integrazione, ma uno strumento uguale per tutti», ha detto Renzi nel suo discorso al Parlamento. In sostanza il disegno di legge delega dovrebbe intervenire sulla cassa integrazione rivedendo i criteri di concessione e utilizzo, escludendo le aziende che vogliono chiudere definitivamente. Si potrà dunque ricorrere alla cassa integrazione solo una volta che saranno esaurite altre possibilità di riduzione dell’orario di lavoro (i contratti di solidarietà, per esempio). Nel provvedimento, già passato al Senato ma per il quale anche lo stesso Pd (il partito di cui il premier Renzi è il segretario) ha annunciato battaglia alla Camera, si prevede anche la costituzione di un’Agenzia nazionale per l’impiego per la gestione integrata delle politiche attive e passive del lavoro e dei servizi per l’impiego, partecipata da Stato, Regioni e Province autonome e vigilata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione delle linee di indirizzo generali e meccanismi di raccordo con l’Inps. Forse un ente che rappresenta una cabina di regia per il comparto può essere un modo per evitare lungaggini e ritardi.
Cos’è la cassa integrazione in deroga
Il circuito degli ammortizzatori sociali in deroga comincia con la dichiarazione di crisi di aziende che non rientrano nella normativa sulla cassa integrazione perché hanno meno di 15 dipendenti o quelle imprese con più di 15 dipendenti che non possono o non possono più (perché esaurite o perché superati i 36 mesi nel quinquennio) utilizzare gli ammortizzatori sociali.
Da quel momento comincia la trattativa con le parti sociali e alla fine si va in Regione con i sindacati a firmare un accordo. Alla Pisana, e qui c’è il primo ostacolo temporale, firmano una determina che una volta trasmessa all’Istituto di previdenza sociale di Latina dovrebbe garantire in tempi rapidi (per legge sono stabiliti quindici giorni) un minimo di retribuzione al lavoratore coinvolto. Ma purtroppo il condizionale serve a descrivere una realtà drammatica: famiglie lasciate per mesi senza nessuna entrata in difficoltà anche per comprare da mangiare.
L’odissea del cassintegrato che voleva capirci qualcosa
(di Stefano Carugno)
é un anno che è in cassa integrazione in deroga il lavoratore la cui azienda sta scontando, come tante altre, una forte crisi economica. è una storia-tipo, non riconducibile a un singolo nome, ma in cui molti si riconosceranno. Il lavoratore, dicevamo, guarda ogni settimana il suo conto online in attesa di veder comparire la riga che gli comunichi “ecco i tuoi soldi, quelli che ti spettano per legge”, ma la riga non appare. E passano le settimane, passano i mesi, passano le stagioni, ma di quei soldi non c’è traccia, e il saldo online si avvicina pericolosamente allo zero. Quei soldi lui li aspetta dall’Inps, Ente dello Stato dove impiegati e dirigenti i soldi però a fine mese li prendono; quei soldi li aspetta dalla Regione Lazio, dove impiegati, dirigenti e politici i soldi a fine mese li prendono e anche tanti! Quei soldi glieli ha promessi il sindacalista, che un giorno è piovuto in azienda spiegando che la tessera andava fatta, altrimenti niente domanda per la cassa integrazione, lo stesso sindacalista che i soldi, anche lui, a fine mese li prende (e anche dalla busta del cassintegrato non pagato).
Non sia mai poi che il lavoratore tenti di capirci qualcosa!
Alla Regione Lazio è impossibile parlare con qualcuno che sia davvero informato, ti rimbalzano da un numero all’altro e il massimo che ottieni e che ti rinviano al sito internet, dove trovi (con molta difficoltà) sia la determina che la pubblicazione sul Burl (equivalente della Gazzetta Ufficiale nel Lazio), che in pratica ti indicano che i soldi sono stati stanziati e c’è anche la copertura (si ma dove sono??).
L’Inps è organizzatissima, addirittura con un numero verde, ma dal call center non possono fare altro che specificarti che i soldi non sono ancora arrivati, così dice il computer, per il resto non provate a cercare di parlare con un (stipendiatissimo) responsabile, che è come cercare di sfondare un muro di gomma.
Infine il sindacato, col tuo rappresentante che ti rincuora dicendo che è pronto a scendere in piazza con te, a protestare vivamente, a manifestare sollecitamente sotto le sedi competenti, ma il risultato è che neanche da lui sai dove sono i tuoi soldi (ma non lo pagavi per tutelarti?).
Al cassintegrato squattrinato non resta che tornare a casa davanti alla tv dove i tg ti dicono che il problema in l’Italia sono gli immigrati, ebola, la Merkel, i rom, l’articolo 18, l’arbitro Rocchi… chissà se qualcuno di loro sa dove sono i suoi soldi?