«Iter corretto. Non vi è alcun cambio effettivo di destinazione d’uso». E ancora: «Non vi era da parte dell’amministrazione alcuna intenzione, né la concreta possibilità, di nascondere atti citati in una delibera». Dichiarazioni rilasciate, durante l’ultima seduta della commissione Trasparenza, rispettivamente dagli assessori all’urbanistica e alla trasparenza, Franco Castaldo e Paola Briganti, in merito alla delibera riguardante una variante per cambio di destinazione d’uso nel quartiere Q3, atto che prevede la realizzazione di un complesso commerciale da oltre 25 mila metri cubi nell’area adiacente all’Hotel Garden, tra via del Lido e via Faggiana.
Una delibera, approvata il 28 dicembre senza allegati tecnici (relazione tecnica e zonizzazzione, pubblicati sul sito del Comune solamente il 9 gennaio) che, oltre al blitz in Comune del Nipaf su delega della Procura, ha scatenato la protesta delle opposizioni indirizzata su due fronti, ovvero correttezza del procedimento amministrativo e trasparenza. Sul secondo aspetto l’assessore Castaldo aveva provato a dare una spiegazione in una precedente commissione urbanistica: durante le feste mancavano i tecnici allo Sportello unico per le attività produttive (a cui era arrivata la richiesta del proponente) che potessero scansionare e trasferire in forma digitale tali documenti. L’assessore all’urbanistica ha provato a gettare acqua sul fuoco delle polemiche anche sul terreno della correttezza dell’iter, rispedendo al mittente le accuse secondo cui l’atto avrebbe dovuto passare al vaglio di una preliminare istruttoria pubblica e del consiglio comunale. «Abbiamo approvato la variante prendendo atto della conformità della richiesta del privato al piano regolatore. Non vi è alcun cambio di destinazione d’uso rispetto a quanto previsto nelle norme tecniche del piano particolareggiato Q3. Abbiamo scelto di adottare questo tipo di variante per stare tranquilli». Già, perché l’articolo 14 delle “norme tecniche di attuazione” stabilisce come destinazione d’uso del lotto in questione quella delle attività turistiche, categoria che prevede anche la realizzazione di attività commerciali. Ed ecco che infatti la Latina Green Building, proprietaria del terreno, si è rifatta avanti per un vecchio progetto ricadente su delle particelle per le quali è decaduto il vincolo di destinazione alberghiera, apposto dalla Regione in funzione della stipulazione, nel lontano 1977, di un contratto di muto in favore della società per interventi di ristrutturazione dell’albergo. Mutuo concesso nel 1974 e che è stato oramai estinto. Con conseguente eliminazione del vincolo alberghiero sulla destinazione turistica, certificata dal nullaosta della Regione datato giugno 2018, che darebbe, almeno urbanisticamente, via libera al progetto. Circostanza prevista da una (neanche troppo) lungimirante mossa dell’amministratore unico della srl, che nel ’90 aveva presentato in Comune delle osservazioni per ottenere nel piano particolareggiato – che sarebbe poi stato approvato nel 1998 – una destinazione d’uso «ambigua» come l’ha definita Castaldo: “turistica-alberghiera”. Tant’è che la variante era stata anche inserita nel Piano regolatore Cervellati, approvato nel 2001 e poi annullato dal Tar un anno dopo. Il Comune, a detta dell’assessore all’urbanistica, avrebbe preso solamente preso atto, approvando una variante con un «mutamento delle destinazioni d’uso che non comporta diminuzione nella dotazione di aree per servizi pubblici o di uso pubblico». Quindi niente passaggio in consiglio comunale, diversamente, ad esempio, da come sarebbe dovuto accadere per le famose varianti a Piani annullate più di due anni fa. E sui dubbi circa le particelle individuate e sui termini edilizi della struttura commerciale (il Piano del quartiere prevedrebbe unità commerciali che facciano riferimento alla struttura alberghiera, mentre per un centro commerciale vero e proprio serverebbe un iter più complesso), l’assessore rimanda la palla al Suap: «Dal momento che si tratta di un’edificazione di attività commerciali, la valutazione della pratica edilizia spetta al Suap. E non è detto che venga accolta».