I carabinieri, monitorando il traffico di coca tra San Basilio e il litorale, tra il 2013 e il 2016, hanno ritenuto che fossero state costituite due associazioni criminali, una capeggiata dai fratelli Genny e Salvatore Esposito, figli di Luigi, esponente del clan camorristico napoletano Licciardi, operativa a San Basilio, e l’altra diretta e organizzata a Nettuno da Polito, che riforniva anche gli Esposito. Dalla Lamborghini Gallardo utilizzata dai due fratelli ha preso il nome l’operazione e, analizzando anche una mole di intercettazioni e le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Enzo Buono, a marzo sono stati compiuti 19 arresti. Secondo gli inquirenti, Iovinella, considerato anche il mandante dell’intimidazione alla Guardia di finanza di Nettuno, a cui venne bruciata un’auto, sarebbe stato parte dell’organizzazione criminale degli Esposito, famiglia tra l’altro trapiantata prima nella città del Tridente e poi trasferitasi a Roma. E proprio a Nettuno si sarebbe occupato dello smercio di cocaina. Un’inchiesta intrecciatasi con un’altra indagine portata avanti dalla Procura di Cagliari. Polito avrebbe appunto rifornito di droga i due figli di Luigi Esposito, Petrucci avrebbe operato a San Basilio e Filippone avrebbe appianato i dissidi tra l’organizzazione criminale di Polito e quella di Perronace, per una fornitura cattiva di droga fatta dalla prima associazione criminale alla seconda. Un impianto accusatorio che ha retto al vaglio della Cassazione.
Coinvolti nell'intimidazione alla GdF
Traffico di cocaina tra Nettuno e San Basilio, confermati gli arresti
Confermati anche dalla Cassazione gli arresti di alcuni dei principali indagati nell’inchiesta denominata “Gallardo”, relativa a due organizzazioni criminali che avrebbero gestito il traffico di cocaina tra il quartiere romano di San Basilio e Nettuno. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da Pasquale Iovinella, 37 anni, e Daniele Petrucci, 38 anni, e rigettato quelli di Vincenzo Polito, 48 anni, e Francesco Filippone, 38 anni, confermando così la misura cautelare in carcere per i quattro emessa a marzo dal gip del Tribunale di Roma e già avallata dal Riesame.
18/12/2018
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