La Regione fa la furbetta sulla gestione dell’acqua a braccetto con la lobby idrica. “Si tenta di espropriare dell’Acqua i pochi Comuni che ancora resistono”. Lo denuncia il Coordinamento Regionale Acqua Pubblica Lazio. “Acea batte i Sindaci resistenti 45 a 15 – scrivono gli attivisti -. Non è il risultato di un match sportivo, sono le percentuali delle perdite degli acquedotti. Risultato che, tragicamente, rischia di coincidere anche con la partita che si sta giocando, ormai da qualche anno, a colpi di ricorsi tra la Regione Lazio e le amministrazioni comunali che, preoccupate di tutelare la risorsa acqua, non vogliono cedere il Servizio Idrico Integrato (SII) al gestore unico. È un dato che fa impressione e che dimostra in modo inequivocabile come, laddove non si fa profitto sull’acqua, la risorsa è tutelata e non sprecata, anche con i pochi, e sempre più esigui, mezzi economici dei Comuni”.
«SE NE LAVANO LE MANI»
“La Regione Lazio – prosegue il Coordinamento Regionale Acqua Pubblica – potrebbe intervenire ma è sempre più evidente che preferisce “lavarsene le mani” e, proprio mentre sembrava vedersi un debole spiraglio di luce in fondo al tunnel, arriva un nuovo stop: nella riunione delle Commissioni Regionali VIII (Ambiente) e XII (Tutela del Territorio) di martedì 20 novembre (in cui si sarebbe dovuta votare una Risoluzione che avrebbe dovuto approvare una “sorta di moratoria” per non cedere il Servizio Idrico Integrato e accelerare l’iter della Riforma degli Ambiti di Bacino Idrografico) i consiglieri della maggioranza di Zingaretti entrano in fibrillazione, prendono tempo e chiedono che la seduta si aggiorni alla prossima settimana”. Gli attivisti per l’acqua bene comune si riferiscono al pasticcio delle delibere con cui tra febbraio e marzo scorsi la Giunta Zingaretti si era inventata un nuovo ATO, Ambito territoriale ottimale. Ossia una sesta ripartizione per la gestione dell’acqua in aggiunta ai 5 Ato esistenti. In tale nuovo ATO 6 avevano previsto di far confluire 48 Comuni in provincia di Roma e 9 in provincia di Frosinone. In particolare, si prevede che vi rientrino vari Comuni dei Castelli Romani: Albano, Ariccia, Genzano, Lanuvio, Lariano, Marino, Velletri, Rocca di Papa, Nemi e Rocca Priora. Un “trasferimento forzato” lo aveva bollato qualche Comune insorto contro l’iniziativa calata dall’alto, senza reale necessità. Tra l’altro – contestavano ad esempio dal Comune di Rocca di Papa – l’operazione presentava “palesi criticità, sia da un punto di vista amministrativo, sia da quello relativo alla qualità e al costo dei servizi”. Il tutto con “un incremento del 17,6% rispetto alla tariffa attualmente applicata a quelli dell’ATO 2”.
LE SOLITE LOGICHE POLITICO – AFFARISTICHE?
Il Coordinamento Regionale Acqua Pubblica Lazio mette ulteriormente il dito nella piaga: “Rimandare di pochi giorni fa la differenza? La fa ed è enorme perché proprio mentre si convocava la riunione congiunta delle Commissioni il neo assessore regionale Alessandri (subentrato a Refrigeri nella gestione della questione acqua) ha inviato ai Sindaci una nota con cui gli intima di cedere al gestore unico il SII entro il 3 dicembre”. Sbandierano princìpi, valori e belle intenzioni, ma alla base ci sarebbero equilibri e dinamiche più vicine a logiche politico-affaristiche che alla sana gestione per il bene delle comunità. “Non si può far a meno di rilevare il dato politico della vicenda – afferma il Coordinamento -: questa non è una semplice nota inviata, come di rito, da un funzionario: è lo stesso Alessandri che dà un ultimatum ai Comuni, proprio colui che nei mesi scorsi aveva ricevuto i sindaci e li aveva invece rassicurati sull’intenzione della Giunta di accogliere le loro istanze in attesa dell’attuazione della Legge regionale 5/2014 per la Tutela, Governo e Gestione Pubblica delle Acque”.
Si tratta dell’ottima legge votata quasi per forza ma comunque all’unanimità dal Consiglio regionale laziale a marzo 2014 e che dava finalmente una seria linea per la gestione sana, sicura, libera e pubblica delle risorse idriche. Peccato che la legge sia rimasta pressoché inapplicata e insabbiata sotto i diktat dell’ex premier Matteo Renzi.
DIETROFRONT
“Non era poi tanto difficile da attuare la 5/2014 – sottolineano i cittadini in prima linea per l’acqua bene comune – ma è chiaro che questo avrebbe significato avviare i percorsi di ripubblicizzazione dell’acqua nei territori. Praticamente un atto dovuto dopo i risultati del Referendum del 2011 in cui 27 milioni avevano votato per l’acqua pubblica. La Regione Lazio ha invece aspettato anni in attesa che i vari governi Renzi e Gentiloni, in palese contrasto con l’esito referendario, stringessero il cappio ai Comuni resistenti con la Legge di Stabilità e le successive circolari ministeriali che imponevano la cessione del Servizio Idrico”. In particolare, il Coordinamento civico così spiega le gravi responsabilità di Zingaretti & co. in questo balletto: “Nel suo programma elettorale Zingaretti ha esplicitamente dichiarato: “Specifica attenzione andrà attribuita anche alla questione idrica. […] Con la Legge Regionale 5/2014, adottata a seguito del referendum sull’Acqua Pubblica, la Regione si è dotata di una specifica normativa in materia. La Giunta ha recentemente ridefinito gli Ambiti territoriali ottimali di bacino idrografico in vista del miglioramento del servizio idrico integrato sulla base dei principi dell’unità di bacino, dell’unicità della gestione e dell’adeguatezza delle dimensioni gestionali. Si apre adesso la fase della sottoscrizione delle convenzioni di cooperazione con le amministrazioni locali in cui sarà massima la partecipazione nella discussione per la definizione di un assetto che veda il combinarsi di autonomia dei territori, diritti dei cittadini, efficienza del servizio”.
CHE FARÀ ZINGARETTI?
“La “specifica normativa” di Zingaretti – prosegue il Il Coordinamento Regionale Acqua Pubblica Lazio – va nella direzione contraria alla 5/2014 e per questo è stata fortemente contestata da Comitati e Sindaci tanto che l’ha dovuta sospendere e tuttora siamo in attesa di sapere come intende dar seguito alle tante promesse. Oggi inoltre, mentre la proposta di Legge Nazionale sull’Acqua Pubblica elaborata dai Movimenti per l’Acqua è approdata in Parlamento, e quindi quello che si è deciso di NON FARE in Regione Lazio potrebbe diventare Legge dello Stato, incredibilmente si agisce di nuovo con la politica dei due tempi: da una parte si illudono cittadini e sindaci che la Legge 5/2014 sarà attuata (prima o poi) dall’altra, prima di farlo, si tenta di espropriare dell’Acqua i pochi Comuni che ancora resistono”. Come mai la cordata che governa la Regione Lazio non riesce ad applicare la stessa bellissima legge sull’acqua che essa stessa ha approvato all’unanimità e a furor di popolo?
I super-poteri al dirigente regionale, poi spostato dopo il capolavoro del ‘potabilizzatore’ del Tevere
A maggio scorso, Zingaretti e suoi hanno fatto dietrofront sul nuovo Ambito idrico numero 6. La Giunta regionale, nel congelare l’operazione che ha fatto infuriare utenti e Comuni, aveva demandato per sei mesi all’allora Direttore regionale delle risorse idriche e difesa suolo, l’ing. Mauro Lasagna, “ogni attività utile a pervenire ad un nuovo modello di governante del Servizio idrico integrato, anche previa modificazione delle attuali norme che lo sovraintendono, anche previo qualificati contributi da reperire all’esterno della struttura regionale in materia di sistema di regolazione, tutela dell’ambiente e del consumatore, modello industriale, comparazione interregionale e valorizzazione della partecipazione dei territori e degli interessi sociali diffusi”. Nel frattempo quel potente dirigente è stato spostato ad altra Direzione. Ma non prima di avergli fatto confezionare il capolavoro del cosiddetto “potabilizzatore” del Tevere. Fatto passare alla chetichella, l’impianto darà da bere a Roma e provincia l’acqua di uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Lo ha scoperto Il Caffè a luglio scorso, doveva restare segreto. Al posto di Lasagna è stata messa l’ing. Wanda D’Ercole. Nuovo nome, stesso stile: non rispondono alle domande di chi vuole informare. Quante e quali analisi hanno fatto e faranno per stabilire se davvero quell’acqua è sicura? Quando inizieranno a distribuirla? È vero che lo pagano i cittadini con le bollette? Perché usano i filtri a carboni attivi che non tolgono al 100% metalli pesanti, idrocarburi e microplastiche? È quasi tutto pronto per l’ultimo step: il collegamento alla rete idrica. Dopodiché a Roma, ai Castelli Romani e agli altri utenti dell’Ambito idrico numero 2 gestito da Acea avranno la favolosa acqua del Tevere per dissetarsi. Un regalo che porta la firma della Sindaca di Roma, e il placet politico trasversale, a cominciare da chi invoca l’acqua pubblica. Anche nel movimento per l’acqua bene comune nessuno sembra aver notato questo intrigo e nessuno si sente.