«DEBITO ORARIO ILLEGALE»
Sta scritto nel verbale firmato il 21 maggio scorso da Cgil, Cisl e Uil con le 4 società private appaltatrici più altre due: “Il debito orario richiesto e non compensato per cause non imputabili alle Aziende sarà detratto dalle competenze del lavoratore”. Concetto ribadito e sottoscritto dai tre sindacati lo scorso 7 settembre con una delle dite: “Il debito orario maturato alla data del 30/4/2018 e non recuperato diventa esigibile da parte dell’azienda a partire dal 01/01/2020”. Una morsa in cui si sentono stritolati diversi operatori: «Si arriva anche a qualche migliaio di euro di debito», dice uno di loro. I datori di lavoro sono soggetti esterni ai presunti controllori, Regione e azienda regionale emergenza sanitaria Ares 118. Un business dai tratti oscuri, secondo un paio di sindacati meno blasonati. Quelli famosi non si sentono. «La banca ore adottata dalle Aziende ATI risulta del tutto illegale in quanto (e non si comprende come) i lavoratori nella maggior parte dei casi, pur svolgendo sempre tutti i turni assegnati risultano comunque in debito orario!», sbotta Andrea Paliani, segretario confederale sanità del Sicel, il Sindacato italiano confederazione europea del lavoro.
MISTERO CONTEGGIO ORE
Stessa cosa denuncia lo Snalv Confsal. In una lettera a Regione, Ares 118 e Asl Latina, questo sindacato segnala “la situazione di grave irregolarità all’interno di queste società che attualmente gestiscono il servizio 118 nella regione Lazio”.
Così scrive la referente Monica Tomassetti il 15 ottobre, evidenziando i casi di un paio delle quattro società che si sono aggiudicate l’appalto. “I datori di lavoro non rispettano i diritti dei lavoratori così come sanciti dal Contratto collettivo nazionale di lavoro applicato e, cosa molto grave, ogni dipendente (per ragioni del tutto infondate) ha maturato un debito orario pur essendo sempre presente sul luogo di lavoro secondo le turnazioni indicate dal datore di lavoro. Come sia possibile questa situazione è ignoto a chi scrive. Come si è generato il debito del dipendente nei confronti del datore di lavoro non è riportato in nessun atto, né si può desumere da nessuna fonte”, affonda la Tomassetti. Il costo medio di un’ora di lavoro di questi operatori – calcola la sindacalista – è intorno ai 10 euro. «Ci sono colleghi che hanno accumulato 3-400 ore di debito! Per contratto, ogni settimana dobbiamo fare 38 ore. Anche volendo, spesso non possiamo recuperare: per legge non possiamo superare le 40 ore di lavoro settimanali», racconta un soccorritore.
SOS A REGIONE E ISPETTORATO DEL LAVORO
«Abbiamo chiesto un incontro chiarificatore con le società datrici di lavoro, che hanno rifiutato e perciò abbiamo depositato la richiesta di intervento all’Ispettorato del lavoro di Latina», precisa la Tomassetti dello Snalv, che ha sollecitato l’intervento della Regione. Ha chiamato in causa: il presidente Zingaretti, l’Assessore alla sanità D’Amato e il presidente della Commissione sanità, Giuseppe Simeone. Ma pure l’Ares 118: direttore generale Maria Paola Corradi, direttore amministrativo Guglielmo Di Balsamo, direttore esecuzione contratto Ares 118 Anna Maria Matarrese, Sandra Bidetti direttore Acquisizione e gestione beni e servizi e il direttore Accreditamento, controllo e vigilanza Michele Tancredi Loiudice. Infine, lo Snalv ha interessato anche il Difensore civico della Regione Lazio, avv. Alessandro Licheri e il dottor Igino Mendico, capo del Dipartimento prevenzione dell’Asl Latina. A tutti chiede di verificare se le società appaltatrici rispettino la normativa sugli appalti pubblici e le regole previste dall’appalto ambulanze affidatogli dalla Regione Lazio.
ALLARME ALLA PISANA
«Abbiamo spiegato tutto con apposita nota scritta anche a Procura, carabinieri Nas e Asl di Latina e a Maria Paola Corradi, Direttrice dell’Ares 118, al presidente Zingaretti e al Consigliere regionale Davide Barillari. Solo quest’ultimo ci ha risposto e ha dato un riscontro concreto con tanto di interrogazione», racconta Andrea Paliani del sindacato Sicel. L’allarme è arrivato così ai piani alti della Regione Lazio. Quindi sono soldi dei cittadini che ci mette i soldi, che poi sono i nostri. In una lunga e agghiacciante interrogazione, i Consiglieri regionali 5Stelle Davide Barillari e Loreto Marcelli riportano il quadro della situazione. I virgolettati citati all’inizio sono tratti dalla loro interrogazione, datata 13 settembre 2018. Chiedono lumi al governatore Nicola Zingaretti, all’Assessore D’Amato, già capo della cabina di regia della sanità laziale, e al suo collega Claudio Di Berardino, che guida l’Assessorato al lavoro. Tutto tace. «Una vergognosa compravendita politica di posti di lavoro destinati a parenti ed amici dei vassalli di turno», secondo Paliani del Sicel. «Pressioni e atteggiamenti che minano psicologicamente i lavoratori, riducendo la qualità del servizio e aumentando il rischio per i pazienti. La miriade di aziende private, misericordie e cooperative che hanno ricevuto l’appalto dalle singole e che gestiscono attualmente il servizio ambulanze 118 per conto della Regione Lazio, seguono la politica del massimo abbattimento dei costi per garantirsi il massimo guadagno», hanno denunciato i Consiglieri Barillari e Marcelli. «Questa maggioranza – dice Barillari al Caffè – ha appena bocciato tre ordini del giorno che volevano reinternalizzare i sevizi sanitari, cioè rimetterli in mani pubbliche. È una politica che premia amici degli amici dell’attuale maggioranza, sono accordi mascherati da appalti. Ma con la scusa dell’urgenza si prendono carta bianca e vanno da aziende malate sapendolo, e si vuol far andare avanti questo sistema, che riguarda tutta la regione: è un far west». Qualcuno dimostri il contrario. Pubblicheremo volentieri.
Dalla Campania e senza farmaci
«Le ambulanze del 118 di Latina in uso alle aziende private vengono stranamente messe in servizio su strada nella Regione Lazio immatricolate come “Uso di terzi da noleggio con conducente” ovvero con licenze – numerosissime – rilasciate dal Comune di Fragneto Monforte (BN) in Campania. Significa tra l’altro che non potrebbero girare qui, ma solo nel Comune campano in cui hanno ottenuto la licenza», speiga un infermiere del Sicel. «Inoltre, tali ambulanze risultano immatricolate solo per 5 persone, con un semplice calcolo si può ben capire come esse non siano omologate a svolgere un servizio pubblico in sicurezza, ad esempio in caso di soccorso a pazienti minori per cui si necessita l’accompagnamento e la presenza di un genitore, ovvero in caso di codice rosso per paziente minore. In tali casi sull’ambulanza sono tenuti ad essere presenti: 1) Autista – 2) Soccorritore – 3) Infermiere – 4) Medico – 5) Paziente minore… e 6) il Genitore. Le sole cinture di sicurezza presenti nel vano sanitario in moltissime ambulanze sono solamente per 2 posti a sedere. Non ultima e non meno importante la gravissima assenza di farmaci e presidi salvavita specifici – nonché i più banali presidi per la gestione corretta di patologie di più comune riscontro e totale assenza di presidi pediatrici». Lo denunciano il sindacato Sicel e i Consiglieri regionali Barillari e Marcelli.