Sono trascorsi oramai due anni e mezzo dal terremoto che ha scosso l’urbanistica del capoluogo, quando il commissario prefettizio Giacomo Barbato, sulla scorta delle relazioni dell’allora dirigente all’Urbanistica, Giovanni Della Penna, annullò in blocco sei piani particolareggiati (Ppe) su 10, approvati dall’amministrazione Di Giorgi tra il 2012 e il 2014. Una riga rossa su oltre 700 mila metri cubi di cemento “spacciati” per “variante non sostanziale”, quindi licenziati solamente in giunta, bypassando un eventuale via libera degli uffici tecnici regionali e il voto del consiglio comunale. Questi contenevano alterazioni degli standard urbanistici dei quartieri, incrementi elusivi delle volumetrie, cambi di destinazione d’uso e previsioni allegre sull’incremento di popolazione. Da allora nella telenovela dell’urbanistica, che di fatto mise la parola fine sull’ex-giunta targata Di Giorgi, si sono susseguite interminabili polemiche con un comparto edilizio locale praticamente fermo, scontri politici e fantasmi di commissariamento (e quindi di danno erariale). Dopo un impasse durato, appunto, due anni e mezzo, lo snodo è rappresentato dall’approdo in commissione Urbanistica della bozza di delibera che mette nero su bianco gli indirizzi della giunta Coletta per la riproposizione dei piani annullati. La partita si gioca essenzialmente su due campi. Quello edilizio, che presenta alcune situazioni spinose, ovvero aree cedute e permessi a costruire rilasciati a privati prima dell’annullamento dei piani. E quello urbanistico, improntato invece sulla necessità di dare un freno allo sfrenato consumo di suolo che ha accompagnato Latina negli ultimi decenni, a causa anche di un piano regolatore (il piano Piccinato) datato 1972 e con una sovrastima fino a 200mila abitanti dell’incremento insediativo. Una vera e propria patata bollente, insomma, capitata tra le mani di Lbc e dell’assessore Francesco Castaldo, che nella bozza di delibera ha provato a far convivere entrambe le situazioni. Tradotto: stop al consumo di suolo ma rispettando gli impegni presi con i privati che hanno investito in terreni e permessi. Perché il provvedimento di annullamento dei piani è sì legittimo, come confermato dal Tar il mese scorso quando ha giudicato irricevibili i ricorsi presentati da alcuni imprenditori che avevano impugnato tale atto, ma legittime sono anche le istanze dei costruttori, come testimoniato da un’altra sentenza del tribunale amministrativo, quella dello scorso gennaio che ha condannato il Comune a risarcire per oltre 3 milioni e mezzo la società Costruzioni Generali di Massimo Riccardo per i cantieri fermi della palazzina di via Quarto (risarcimento poi congelato temporaneamente dal Consiglio di Stato lo scorso luglio). La linea di azione dell’amministrazione, che a ben vedere sembra una scelta obbligata, si dovrebbe dunque muovere verso una precisa direttrice: provare a “sanare” a livello urbanistico gli insediamenti per il quale è stato già avviato un iter (cessione di aree o rilascio di permessi a costruire). Le virgolette sono d’obbligo, perché di fatto di non si tratterebbe di una sanatoria. “Si tratta di andare a riequilibrare gli standard urbanistici, quindi il rapporto degli spazi pubblici rispetto agli insediamenti”, ha spiegato al Caffè il delegato all’Urbanistica, Franco Castaldo. “L’obiettivo è ottenere da un lato una diminuzione dei volumi riferibili a nuove costruzioni e dall’altro il rispetto sul piano urbanistico di quelle situazioni già in itinere”. Situazioni, quest’ultime, che si cercherà di legittimare tramite delibere di giunta secondo l’art 1 bis delle norme regionali in materia urbanistica, semplificazione introdotta dal Piano Casa targato Polverini e utilizzata dalla giunta Di Giorgi per approvare i 10 piani attuativi. L’alternativa resta operare “in variante” al piano regolatore, quindi con un passaggio in Regione e nell’assise comunale. Un “taglia&cuci” urbanistico che sarà possibile anche grazie ad una nuova perimetrazione e un accorpamento dei comprensori R0, R1 Frezzotti, R2 Piccarello, R3 Prampolini, R4 Goretti, R6 Isonzo, creando un’unica macro-area. Altro punto della linea di Castaldo è appunto lo stop al consumo di suolo. “Che non vuol dire di certo cubatura zero, che invece vorrebbe dire far morire il settore edilizio del capoluogo”, ci tiene a puntualizzare l’assessore. “Dobbiamo attenerci a norme comunitarie, recepite dallo Stato italiano, che prevedono di raggiungere un consumo di suolo pari a zero entro il 2050. Utilizzeremo nuove volumetrie per la riqualificazione del patrimonio urbanistico”. Uno strumento possibile è la legge di rigenerazione urbana, varata dalla Regione Lazio lo scorso anno e che prevede premi di cubatura fino al 40% per i privati che decidono di ristrutturare la propria abitazione. O ancora i Print, programmi di intervento per la riqualificazione del tessuto urbano. Per mettere in atto il disegno dell’amministrazione Coletta sull’urbanistica del capoluogo occorre dunque redigere il prima possibile i piani annullati, ma l’Ufficio di Piano, la struttura comunale deputata a tale compito, non è ancora operativo. “L’Ufficio è stato già istituito, ma bisogna ancora reperire le risorse professionali interne ed esterne al Comune”, confessa l’assessore. “Ad ottobre verranno ultimate alcune selezioni di dirigenti da parte dell’ente, e sicuramente si muoverà qualcosa”.
13/09/2018