Il primo agosto di tre anni fa Tassone venne arrestato per ricettazione, detenzione e porto abusivo di arma e condannato a 2 anni e 4 mesi di reclusione. In casa nascondeva una pistola a tamburo Rast & Gasser Wien, cal. 7.65, risulta rubata nel febbraio precedente a Terracina, e 7 pallottole dello stesso calibro, mentre all’interno della propria autovettura vennero recuperati un paio di occhiali da sole, una t-shirt bianca con cappuccio e guanti bianchi, particolari che avevano lasciato supporre agli investigatori la preparazione di un colpo. L’arma venne considerata identica a quella utilizzata per le rapine del 7 maggio. Quel giorno un uomo con un casco e una mascherina bianca sul volto, armato di pistola, rapinò il negozio “Acqua e Sapone” di via Fiume, il supermercato Ciccotti di via Deledda e cercò di rapinare anche il vicino supermercato Conad. Sempre la stessa tecnica: pistola puntata contro una cassiera, rapina del denaro contenuto nella cassa e fuga. Durante il primo colpo, però, al bandito era caduto un accendino, recuperato dalla cassiera rapinata e consegnato ai carabinieri. Comparando il Dna presente su quell’accendino con quello isolato da un mozzicone di sigaretta fumata da Tassone in caserma, i militari dell’Arma non ebbero più dubbi: il rapinatore era lui.
Per il 44enne, già condannato per una rapina avvenuta nel 2008 in una lavanderia di Aprilia, arrivò una nuova condanna dal Tribunale di Latina a sette anni di reclusione e duemila euro di multa, confermata dalla Corte d’Appello di Roma e ora dalla Cassazione. Inutile il tentativo della difesa di contestare l’esame del Dna: il ricorso è stato rigettato.