Nella struttura tutto è pronto, impacchettato e pulito. Eppure in pochi sanno che al confine tra Ardea e Pomezia, in corrispondenza del bivio di Caronti, c’è un centro dialisi nuovo che potrebbe iniziare a lavorare già da domani. Potrebbe, ma non può: da cinque mesi, cioè da quando ha ottenuto l’autorizzazione regionale, è fermo perché la Asl Roma 6 non ha ancora concesso l’accredito per lavorare in convenzione con il servizio sanitario nazionale. Da febbraio scorso né i proprietari della struttura né l’associazione Malati di Reni onlus, che si è interessata del caso, sono riusciti a capire il motivo dello stop. Eppure, stando alle stime elaborate dall’associazione in base ai dati del “Registro Dialisi e Trapianto Lazio” del 2017, nel territorio della Asl Roma 6 mancano 23 posti dialisi per i 387 pazienti residenti, 8 ne servirebbero solo nel distretto Pomezia-Ardea.
“PENDOLARI” PER IL TRATTAMENTO SALVA-VITA
«I malati – spiega Roberto Costanzi, segretario generale dell’associazione Malati di Reni – sono costretti a un pendolarismo sfiancante. I pazienti devono cercare un posto per sottoporsi alla dialisi 3 o 4 volte alla settimana e il trattamento dura quattro ore. Ne escono sfiniti, ma è questo che salva loro la vita». La “pulizia” artificiale del sangue attraverso l’emodialisi, infatti, è indispensabile per i malati che soffrono di una grave insufficienza renale. Senza di essa è impossibile vivere un’esistenza normale. Il trattamento costerebbe per intero tra i 170 e i 200 euro a seduta, fortunatamente la sanità italiana lo somministra gratuitamente.
Tra Pomezia e Ardea oggi c’è un solo centro funzionante, che ha 17 posti. Chi si trova in zona e ha bisogno di fare la dialisi deve sperare di trovare un letto libero oppure deve rivolgersi a ospedali e ad altre strutture convenzionate, che si trovano ad Anzio, Velletri, Albano, Frascati e Marino. Non esattamente dietro l’angolo. Un problema che si aggrava in estate, quando la popolazione dei due comuni costieri praticamente triplica e il “pendolarismo” dei dializzati si intensifica. «Tutto questo ha dei costi per la sanità pubblica, che è tenuta a pagare un rimborso delle spese di viaggio ai malati – spiega Costanzi – Di certo avviare una seconda struttura ad Ardea, tra l’altro già pronta e autorizzata, rappresenterebbe un risparmio per la Asl stessa».
TUTTO FERMO NONOSTANTE L’OK REGIONALE
È per questo che Vincenzo Orazzo, ardeatino e malato di reni, insieme a una socia ha deciso di investire proprio su Ardea, costruendo una struttura con 15 posti letto e attrezzature di ultima generazione. «Anche il Comune di Ardea ha sposato il nostro progetto – racconta Orazzo – abbiamo passato tutte le ispezioni che, da quando abbiamo chiesto l’autorizzazione, sono state mandate per verificare che avessimo tutti i requisiti La Regione e la stessa Asl ci hanno fatto i complimenti per la struttura all’avanguardia che abbiamo realizzato, ma da febbraio 2018 ci tengono in stand by e non capiamo perché». Nel frattempo il centro deve mantenere tutti gli standard richiesti, come se dovesse iniziare a lavorare dal giorno dopo: manutenzione, pulizia, corrente elettrica, impianti, videosorveglianza per proteggerlo da furti e vandalismo. Tutto questo, per Vincenzo e la sua socia, ha un costo: «Circa 25mila euro all’anno solo per mantenere la struttura così com’è. Perché un’altra ispezione che non dovesse trovare tutto com’era cinque mesi fa potrebbe farci togliere l’autorizzazione». «Come associazione di settore chiediamo di sapere perché questa struttura non è stata ancora accreditata», tuona il segretario generale della onlus Malati di Reni. Roberto Costanzi sostiene di aver già chiesto chiarimenti alla Asl Roma 6 – alla quale lo scorso 17 luglio ha inviato una lettera in cui si sottolinea il problema del fabbisogno di posti dialisi sul territorio – ma di non aver ricevuto una risposta chiara. Contattata dal Caffè, l’azienda sanitaria locale non si sbilancia: l’iter di accredito per la struttura di Ardea è in corso di valutazione. Tradotto, bisogna avere pazienza.