C’è un secondo pentito. Oltre a Renato Pugliese, a decidere di collaborare con la giustizia e ad irrobustire le accuse nell’inchiesta “Alba Pontina” è ora Riccardo Agostino. Quest’ultimo, dopo essere stato arrestato insieme ad altri 24 indagati nell’inchiesta sulla presunta associazione mafiosa e sulla presunta organizzazione dedita al narcotraffico messe su a Latina dai Di Silvio di Campo Boario, ha deciso di pentirsi appunto, iniziando a raccontare ai magistrati affari e organizzazione della famiglia di origina nomade stabilitasi da tempo nel capoluogo pontino. Un particolare emerso durante il primo ricorso fatto al Tribunale del Riesame dagli indagati contro il secondo provvedimento emesso dal gip nei loro confronti. L’ordinanza di custodia cautelare emessa per “Alba Pontina” sembrava naufragata proprio dopo le prime discussioni davanti al Tribunale della libertà. I giudici romani, accogliendo l’eccezione della difesa relativa al “copia e incolla”, ovvero sul particolare che l’ordinanza del gip anziché essere motivata era identica alla richiesta di arresti fatta dai pm, avevano annullato il provvedimento. Sembrava che capi e gregari della presunta mafia rom dovessero tornare liberi e restare tali nell’attesa dell’eventuale processo. Agli arrestati invece è stato subito notificato un nuovo provvedimento firmato dal gip. Impugnata anche la nuova ordinanza, che stando al primo ricorso al Riesame sta reggendo anche per quanto riguarda le accuse di mafia, in aula il pm Barbara Zuin ha così depositato un’integrazione d’indagine e si è scoperto che a collaborare con i magistrati è anche Agostino. Secondo l’Antimafia, Riccardo Agostino sarebbe stato parte sia dell’associazione per delinquere di stampo mafioso che di quella impegnata nel narcotraffico. Si sarebbe occupato delle estorsioni e di mantenere i rapporti con i politici ai quali il gruppo avrebbe attaccato i manifesti durante le elezioni, oltre che di procurare e trasportare la droga destinata allo spaccio. L’indagato avrebbe rilasciato le prime dichiarazioni all’Antimafia il 10 luglio, proseguendo il giorno dopo. Verbali lunghissimi, in cui Agostino avrebbe in particolare confermato e rafforzato le accuse nei confronti di Armando Lallà Di Silvio e dei figli di quest’ultimo, dando anche delle indicazioni sui luoghi dove il clan avrebbe nascosto le armi. Un pentito che, insieme a Pugliese e dopo le dichiarazioni anche di Roberto Toselli, che ha poi abbandonato la strada della collaborazione, rendono sempre più critica la posizione dei rom e dei loro fiancheggiatori. E ora anche Latina trema.
19/07/2018