La vittima, Ignazio Fragalà, dopo una colluttazione davanti alla sua abitazione di Torvaianica, venne caricata a forza su una Mercedes classe B, seguita da un’auto dello stesso tipo, che si allontanarono a gran velocità. Scattato l’allarme, i carabinieri individuarono le due auto sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria e videro che, nei pressi della stazione ferroviaria di Villa San Giovanni, il pasticciere, un 63enne siciliano d’origine ma residente appunto nel Comune di Pomezia, venne fatto salire su un’altra auto, una Fiat Punto. Il gruppo venne bloccato a Messina, allo sbarco, e la vittima riferì di aver scoperto, nel viaggio da Torvaianica in Sicilia, di essere stata rapita per un debito di 130mila euro contratto dal figlio e relativo all’acquisto di un’autovettura. “To figghio – gli avrebbe detto uno dei sequestratori – ni futtiu centotrentamila euro”. Fragalà dunque denunciò l’accaduto, ma poi ritrattò, sostenendo di essersi unito volontariamente al gruppo. Fondamentali per gli investigatori diventarono quindi le dichiarazioni del pentito Sebastiano Sardo, che sostenne di essere stato lui il mandante del sequestro a scopo di estorsione. E finirono in manette otto catanesi: Cuffari, Gaetano Ferrara, 29 anni, Marco Guerrera, 29 anni, Simone Guglielmino, 23 anni, Francesco Maurizio Perna, 38 anni, Antonino Ivano Santangelo, 27 anni, Luca Davide Sardo, 26 anni, e Concetto Zanti, 52 anni. Dichiaratosi incompetente sulla vicenda il gip del Tribunale di Velletri, per gli otto indagati venne disposta la misura della custodia cautelare in carcere dal giudice per le indagini preliminari di Roma, poi confermata sia dal Tribunale del Riesame che dalla Corte di Cassazione.
Ora la stangata per Cuffari, mentre gli altri imputati, che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato, in appello hanno già incassato condanne per un totale di 54 anni di reclusione.