L’imputata è accusata, per l’esattezza, di induzione indebita a dare o promettere utilità. Per la Procura di Velletri ha chiesto a un utente 200 euro per trascrivere una sentenza del Tribunale civile relativa al trasferimento di una proprietà a favore dello stesso. La responsabile della Conservatoria a tale utente avrebbe chiesto inoltre l’ulteriore versamento di 730 euro.
Una vicenda per cui, il 3 giugno 2013, Giuseppina C. è stata condannata dal Tribunale di Velletri a tre anni e mezzo di reclusione, all’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni e a risarcire l’utente, costituitosi parte civile, con tremila euro. Un pronunciamento confermato, il 6 giugno dell’anno scorso, dalla Corte d’Appello di Roma. La sentenza è stata però ora annullata con rinvio alla Corte d’Appello dalla Cassazione. La Suprema Corte ha accolto uno dei motivi del ricorso presentato dal difensore dell’imputata, il quale ha contestato il mancato rinvio dell’udienza da parte dei giudici di secondo grado dopo che lui aveva chiesto il rinvio specificando di avere un legittimo impedimento, essendo impegnato lo stesso giorno in un altro processo che, alla luce dei testimoni convocati e delle misure di sicurezza necessarie per quest’ultimi, non poteva essere fatto slittare. La Corte d’Appello era andata avanti, specificando tra l’altro che il procedimento con imputata la 61enne era prossimo alla prescrizione. Il rinvio per l’impedimento segnalato dal difensore, secondo gli ermellini, era invece dovuto e non c’era rischio di prescrizione visto che in casi del genere vengono interrotti i termini della prescrizione stessa. Sentenza di condanna dunque annullata e processo da rifare.