«Sono soddisfatto del risultato ottenuto: a differenza del M5s ho iniziato la campagna elettorale un mese prima delle elezioni, mentre loro erano pronti da marzo. Abbiamo battuto il sindaco uscente, che aveva avviato la propria campagna ancora prima di dimettersi, cercando consensi con concessioni a favore di selezionati soggetti, naturalmente col beneplacito dei consiglieri di maggioranza. Io per i pometini ero uno sconosciuto: ora stanno scoprendo e apprezzando giorno dopo giorno me, le mie idee, la mia serietà, la mia volontà di far crescere Pomezia. Devo rilevare anche il forte astensionismo: circa 21 mila elettori non sono andati al voto e, probabilmente, molti di questi sono di centrodestra. È soprattutto a loro che mi rivolgo: se volete che ci sia un’amministrazione aperta al dialogo e non una che non fa nulla per paura di sbagliare, votate Matarese».
Da ufficiale della Finanza a candidato sindaco. Da Primo cittadino ogni atto viene giudicato dai cittadini, dai giornalisti, dagli avversari politici. Si sente pronto?
«I miei 40 anni di esperienza come uomo dello Stato mi danno la sicurezza di poter lavorare bene e, quindi, di essere giudicato positivamente. Da sindaco continuerei ad agire come ho sempre fatto, ovvero con decisione e onestà per ottenere il massimo risultato a favore della collettività, nel nome della legalità, trasparenza e partecipazione. Perché dovrei temere qualcosa? Sto mettendo in campo la mia professionalità nel leggere carte, bilanci e atti per far sì che il Comune di Pomezia, e di conseguenza i suoi abitanti, ne tragga vantaggio: finora sono ‘sfuggiti’ finanziamenti europei che avrebbero potuto essere utilizzati per migliorare questa città, non c’è stata apertura nei confronti dei cittadini, degli imprenditori, delle associazioni. Voglio invertire questa rotta».
Quando è stato reso noto il suo nome, come candidato sindaco del centrodestra, molti hanno avuto da ridire per la sua estraneità al territorio. Perché ha accettato questa sfida?
«Credo che non essere di Pomezia sia la garanzia che non ho legami di alcun tipo (economico, parentale o amicale) con persone del territorio. Potevo fare il pensionato senza problemi, ma ho preferito mettermi in gioco per dare una svolta a questa città. Tutti gli atti che farò da sindaco saranno improntati al bene comune e non a favorire qualcuno. Chi dice che sono estraneo al territorio sbaglia di grosso: lo conosco perfettamente, grazie al mio precedente lavoro che mi ha visto a capo dell’intelligence proprio in questa zona. Inoltre ho esaminato con cura tutti i problemi che lo affliggono e ho le idee chiare su come fare per risolverli, attivando tutti i canali per ottenere i finanziamenti dagli enti superiori».
Quella di non presentarsi ai confronti pubblici in campagna elettorale è stata una scelta politica? Può spiegare questa decisione?
«Se fino a questo momento non sono andato ai vari incontri è perché non volevo perdere tempo ad ascoltare spot elettorali. Ho utilizzato il periodo della campagna elettorale stando in mezzo ai cittadini, toccando con mano i problemi e cercando le soluzioni e i mezzi necessari per far sì che vengano affrontati in maniera seria. Adesso che siamo solo in due, non ho problemi a confrontarmi con Zuccalà in termini civili su tutti i problemi di Pomezia, sul rilancio del territorio, su quanto farò in caso di vittoria. Saranno i cittadini a decidere se vogliono continuare con altri 5 anni di immobilismo o se far amministrare a chi ha le competenze e la possibilità di rilanciare davvero Pomezia verso un futuro migliore».
Ora ha accettato il confronto proposto da Zuccalà. Che cosa pensa del suo avversario?
«La sua giovane età e la mancanza di una specifica cultura giuridica lo rendono inidoneo a ricoprire la carica di sindaco di una importante città. La sua inesperienza è dimostrata dai 5 anni appena trascorsi: in questo periodo Pomezia non ha avuto nulla di più dell’ordinaria amministrazione, anche questa ridotta ai minimi termini. Non mi risulta che ci siano state da parte sua idee valide che abbiano portato a un vero rilancio della città, durante il periodo in cui è stato presidente del consiglio comunale. Mi dà l’impressione che sia invece molto condizionato da quello che viene deciso nei “piani superiori” del suo partito. Inoltre, solo adesso che siamo in campagna elettorale Zuccalà e i suoi sono tornati tra la gente: dov’erano quando i cittadini chiedevano udienza per risolvere i problemi?»
La destra non governa da molti anni, cioè da quando il sindaco era quello Stefano Zappalà ricordato per pensare in grande (teatro e università, ad esempio) ma anche per aver lasciato alla città opere incompiute e progetti abortiti. Quello del 2018 è un centrodestra 2.0?
«È sicuramente un centrodestra più maturo, che ha imparato dagli errori del passato e che ha intenzione di dimostrare tutte le sue capacità di amministrare al meglio Pomezia. Non critico Zappalà per aver pensato in grande, ma io resto con i piedi per terra, perché, anche se voglio il meglio per Pomezia, non intendo realizzare grandi opere senza le coperture finanziarie disponibili: il rilancio che voglio attuare è basato su entrate reali ed elargite sia da enti pubblici che da imprenditori privati, anche esteri, disposti a investire sul nostro territorio».
Il primo atto da sindaco è un segnale verso i cittadini, quale sarà il suo?
«Aprire davvero le porte del Comune, chiuse 5 anni fa con il Movimento. Il sindaco è l’istituzione più vicina ai cittadini, non può scappare dalla porta sul retro per non affrontarli. Parlando di programma, il primo atto sarà mettere le mani al bilancio e capire quale sia la situazione reale. A seguire, alcune cose immediate: riapertura delegazione a Torvaianica e copertura ecomostro, maggiori controlli per la sicurezza soprattutto nelle periferie, annullamento della delibera che fissa a 18,25 euro l’ora l’assistenza ai disabili. Non un solo atto, quindi, ma tutti quelli che possono e devono essere fatti immediatamente».