Non festeggia con troppa convinzione il centrodestra, che è sì arrivato al ballottaggio ma con una percentuale decisamente più scarsa di quanto ci si aspettava alla vigilia da una coalizione – e che coalizione! – composta da ben sette liste e partiti. La destra unita si trova ora a dover sfidare i 5Stelle, ma non da una posizione di forza come invece avrebbe sperato.
Ma la delusione maggiore forse è quella che aleggia in casa Fucci. L’ex sindaco, convinto com’era di poter catalizzare consensi sulla sua persona e dopo aver ricalcato in ogni occasione la propria nomea di “incorruttibile”, si è giocato la partita fino alla fine fermandosi però a un passo dal traguardo, dove ha dovuto cedere allo sprint degli ex amici pentastellati che, vada come vada, sono riusciti a relegarlo all’opposizione. Il derby Fucci-Zuccalà ha tenuto banco per tutta la notte, seggio per seggio, e sono da notare i buoni risultati delle due civiche che sostengono l’ex sindaco: Essere Pomezia e Il Bene in Comune sono rispettivamente la terza e quarta lista più votata in assoluto, dietro soltanto a Movimento 5 Stelle e Partito Democratico.
Delusione completa per Antonio Aquino (2,23% cioè 597 voti), mentre resta fuori dal Consiglio comunale anche Camerota di Casapound, che paga il 10% e oltre della Lega e si ferma sotto l’1,4%. Va aperto un discorso a parte per Stefano Mengozzi, il candidato del centrosinistra unito che in soli 45 giorni ha saputo creare intorno a sé un entusiasmo autentico. Mengozzi si ferma in quarta posizione e sfiora il 19% mentre, con lui come candidato, il Pd riesce ad attestarsi secondo partito più votato, dopo il Movimento 5 Stelle. Questo non è bastato, ma la sensazione è quella di trovarsi di fronte all’inizio di un percorso politico nuovo più che al culmine di una parabola. Le scelte del partito saranno determinanti.
In ottica ballottaggio il risultato sembra scontato: non è chiaro dove il centrodestra potrebbe trovare altri voti mentre il Movimento 5 Stelle appare avere un bacino ancora ampio a cui attingere. Quello che è certo però è che dal 24 giugno non ci aspettiamo il clima festoso di cinque anni fa, quando a vincere fu un gruppo di amici più che un partito. Fra tensioni, tradimenti e sgambetti – e non soltanto nel Movimento – la sensazione è per lo più quella di essere sopravvissuti a una dolorosa battaglia.