Sempre più vicina la scadenza dei 60 giorni imposti dal Tribunale aministrativo regionale all’Amministrazione regionale per individuare, definire e approvare la “rete integrata e adeguata di impianti per la gestione dei rifiuti necessari a conseguire l’obiettivo dell’autosufficienza”. Il Tar lo ha ribadito lo scorso 28 aprile con la sentenza 4524, intimando all’Ente di adempiere a tale obbligo. Gliel’aveva già intimato ad aprile 2016, ma hanno fatto orecchie da mercante per due anni. Se neanche stavolta fanno quel che devono fare, scatta automaticamente un “commissario ad acta”: sarà il Prefetto di Roma o un suo delegato, ha già deciso il Tar nella stessa sentenza. Il Commissario, attraverso i poteri straordinari che gli saranno conferiti, potrà individuare di sua iniziativa dove costruire nuovi invasi nelle discariche “funzionanti ed esistenti”. Sostanzialmente lo stesso film, riadattato all’occasione, di quanto avviene nel Lazio da 40 anni.
I PASSAGGI CHE QUASI NESSUNO SA
Per capire l’arcano bisogna ricostruire alcuni passaggi tecnici che conoscono solo gli addetti ai lavori, ignorati da quasi tutti i politici che poi devono prendere le decisioni finali. Ed è lecito dubitare che li conosca il probabile commissario ad acta in arrivo. Questi passaggi fanno del Lazio il luogo dove il servizio di smaltimento e trattamento dei rifiuti è il più caro per i cittadini, il più inquinante per l’ambiente, il più inefficiente nella prospettiva della sostenibilità e il più distante dagli obiettivi imposti dall’Unione Europea.
LA COINCIDENZA DEI TMB
Il primo passaggio è la coincidenza che il Lazio, a parità di abitanti, con i suoi 10 impianti autorizzati, è in vetta alla classifica delle Regioni che hanno sostituito le discariche con i TMB, sigla che indica gli impianti di trattamento meccanico biologico. «Questo è il nome della soluzione al problema rifiuti nel Lazio», disse a chi scrive nel 2007 l’allora Assessore all’ambiente del Lazio. Nonostante il bell’attributo di “biologico”, questi impianti non riciclano rifiuti, perché si limitano di solito a separarli in due grandi categorie: balle che finiscono agli inceneritori, dove va circa il 45% dei rifiuti indifferenziati trattati, mentre il restante 55% comunque viene smaltito nelle discariche. Nelle discariche ci finiscono anche le ceneri dei rifiuti smaltiti negli inceneritori (che diventano rifiuti speciali) e dunque tutto questo sistema serve sostanzialmente a tenere in piedi un meccanismo economico che vede come fumo negli occhi una raccolta differenziata fatta seriamente, soprattutto quella domiciliare “porta a porta”.
1° “SEGRETO”: I NUMERI DEI TMB
Qui arriva il primo dato sconosciuo ai più: la capacità di trattamento con i TMB autorizzata nell’ultimo decennio dalla Regione Lazio è di oltre 2,5 milioni di tonnellate l’anno, a fronte dei circa 3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani prodotti attualmente a livello regionale. Come dire: “Stai fresco a parlare di raggiungere il 65% di raccolta differenziata imposto dalla legge, quando nella pratica hai autorizzato a smaltire in modo indifferenziato oltre l’83% degli stessi rifiuti”. Guarda caso è proprio la filosofia che che propugnava da anni un certo Manlio Cerroni, il re del settore da mezzo secolo detta legge a cominciare da Roma. Una linea alla quale si sono prontamente adeguati i suoi colleghi e presunti avversari imprenditoriali. E a rimorchio gli sono sempre andati certi politici e chi governa ai vari livelli. Oggi i TMB del Lazio smaltiscono circa la metà delle quantità autorizzate: il business dell’indifferenziato, cioè il contrario del “porta a porta”, ha dunque grandi margini e ferree aspirazioni di crescita. Allo stesso traino sono legati inceneritori e discariche che smaltiscono gli scarti dei TMB. L’affare in danno dei cittadini resta sempre e comunque, emergenza dopo emergenza, nel non far decollare o almeno nell’azzoppare la raccolta differenziata e il vero riciclo qualunque sia il sistema prescelto per realizzarla.
2° “SEGRETO”: PIÙ DIFFERENZIATA UGUALE BOLLETTE RIDOTTE
La controprova sta nei costi della TARI, la tassa che pagano i cittadini del Lazio per l’intero servizio, quando si confrontano i dati con le altre Regioni italiane dove la raccolta differenziata ha di gran lunga superato il 65% imposto dalla legge. Obiettivo che andava raggiunto in tutti i i Comuni e Regioni d’Italia entro il 31 dicembre 2012. Entro il 31 dicembre 2008 l’obbligo era invece di arrivare almeno al 45%. Nella nostra regione, dove la differenziata è attualmente al 42,3%, il costo pro-capite dell’intero servizio è di 251,18 euro l’anno (dati ISPRA riferiti al 2016), mentre nel Veneto che sta al 72,9% di differenziata (con la provincia di Treviso all’87,9%) la bolletta dell’immondizia ha un costo annuo a persona di 160,83 euro. Stesso discorso vale per il Trentino Alto Adige e per il Friuli Venezia Giulia, rispettivamente con il 70,5% di raccolta differenziata e 153,79 euro pro-capite annuo di costo del servizio e con il 67,1% di R.D. e 138,61 euro costo pro-capite annuo per i friulani.
3° “SEGRETO”: MENO TMB UGUALE MENO DISCARICHE E INCENERITORI
Il terzo dato “sconosciuto”è la conseguenza di quanto appena evidenziato ed è riferito proprio all’impiantistica. Le Regioni che hanno scelto di andare senza se e senza ma verso la raccolta differenziata sono quelle che hanno autorizzato meno TMB e di conseguenza hanno meno bisogno di discariche e inceneritori. Anzi, sono proprio quelle che prevedOno di chiudere e/o riconvertire questi impianti man mano che cresce la raccolta differenziata. Qui viene il paradosso finale di fronte al quale l’Amministrazione Zingaretti è chiamata a fare la sua scelta: lasciar decidere tutto al commissario ad acta con quel che ne consegue anche in termini di ordine pubblico, oppure andare decisamente nella direzione virtuosa già intrapresa dalle Regioni del Nord-Est.
4° SEGRETO: SOCCORSO AGLI INCENERITORI
In questo secondo caso l’opzione, quarto ed ultimo dato “sconosciuto”, avrebbe conseguenze importantissime per il Lazio. Con la Delibera di Giunta regionale n.199/2016 è già stato dimostrato che non servono altri TMB nel Lazio e che, anzi, per quelli esistenti va programmata una riconversione per il trattamento della sola frazione umida (scarti di cucina, sfalci e potature). Per quanto riguarda gli inceneritori, la stessa delibera, prevede che il bilancio tra offerta e domanda con questo sistema di smaltimento andrà in pareggio a partire dall’anno prossimo e che dal 2020 l’offerta supererà la domanda proprio a causa dell’incremento della raccolta differenziata: la capacità di bruciare sarà più grande dei rifiuti disponibili e quindi bisognerà trovare altra immondizia da dare in pasto a questi ecomostri. Resta, ma solo apparentemente, il problema delle discariche per le quali la stessa delibera di giunta regionale n. 199 stimava all’inizio del 2016 quasi 1,8 milioni di ulteriori metri cubi residui già autorizzati. Da questo calcolo sono esclusi gli invasi esauriti della Indeco e della Ecoambiente di Borgo Montello, a Latina, che corrispondono ad oltre a quasi 4 milioni di tonnellate, una volta esclusa la la frazione umida così come prevede la normativa attuale.
LA REGIONE PUÒ DARE LA SVOLTA
Più sale la raccolta differenziata e maggiore è la durata in vita di questi invasi. Eventuali nuove discariche dunque dovranno essere comunque a servizio dei TMB esistenti, i quali a loro volta, ad onor della verità dovrebbero trattare solo la parte residuale già differenziati e non come furbescamente avviene adesso, i rifiuti indifferenziati tal quali. La sfida dunque sta tutta qua: prendere il toro per le corna e puntare ad essere una Regione finalmente virtuosa, o lasciarsi trascinare nell’ennesimo meccanismo di degrado politico e amministrativo rappresentato dal commissariamento ad acta. Tra le varie corna troviamo: la possibile riapertura del 7° invaso della discarica di Albano con annesso TMB, andati misteriosamente a fuoco a giugno 2016; i due mega-forni dell’inceneritore romano di Malagrotta, previsti dal decreto “Sblocca Italia” con il suo decreto attuativo firmato dall’ex premier Renzi, dal suo sottosegretario Claudio De Vincenti e dall’ex ministro all’ambiente Gian Luca Galletti, un nuovo inceneritore in località non precisata e una terza linea a San Vittore in Ciociaria. Questa operazione è ora al vaglio della Corte di Giustizia Europea dove l’ha spedita il Tar: è in contrasto con la normativa Ue. Tra violazioni, sviste e sabotaggi, che farà adesso Zingaretti coi suoi? Più remota è l’ipotesi che venga ampliata la discarica di Latina, che non ha più nuovi volumi autorizzati.
Megadiscarica: concrete speranze per il no regionale
«Ci sono concrete speranze che la discarica non si faccia», lo fa sapere il Vicesindaco e Assessore all’ambiente di Aprilia Alessandra Lombardi, dopo la Conferenza dei servizi sul progetto Ecosicura Srl a Casalazzara, in territorio di Aprilia, vicinissimo ad Ardea, Pomezia, Albano, Ariccia e Lanuvio. Martedì 29 maggio, un coro di No ha riempito la sala dell’Area Valutazione impatto ambientale della Regione Lazio, in viale del Tintoretto. Per strada, pacifici cittadini hanno manifestato le proprie preoccupazioni, sorvegliati dalla Polizia. Hanno ribadito l’assoluta contrarietà al progetto del cosiddetto “deposito di rifiuti innocui” non solo il Comune di Aprilia, ma pure Ardea e Lanuvio insieme ad Asl e Provincia di Latina. No anche da comitati e associazioni che da subito si sono opposti al progetto. Erano tutti presenti. Nessun presente per i Comuni di Albano e Ariccia. Quest’ultimo ha fatto sapere di aver inviato con posta elettronica certificata osservazioni di contrarietà. Ma l’e-mail non risultava pervenuta agli uffici regionali. «Così ci ha riferito a sua volta l’ing. Flaminia Tosini, capo della Direzione regionale politiche ambientali e ciclo dei rifiuti – Area VIA», riferisce l’Assessore Lombardi di Aprilia, presente all’attesissima seduta con il Sindaco Antonio Terra. Quest’ultimo ha espresso doppio parere negativo, non solo urbanistico ma anche sanitario, nella sua qualità di massima autorità sanitaria sul proprio territorio comunale. «La Regione Lazio ha inoltre comunicato a sorpresa che l’iter, eventualmente, potrebbe proseguire con altri due incontri in Conferenza dei Servizi – spiega ancora la Lombardi -, al contrario di quello che ci avevano scritto in precedenza. Ma sarebbe assurdo far proseguire l’iter, non ci sono i presupposti. Il presidente e la dirigente del settore ambiente della Provincia di Latina, Carlo Medici e l’ing. Nicoletta Valle, hanno integrato le osservazioni contrarie depositando i nuovi vincoli approvati dalla Provincia a fine aprile scorso, compresa la fascia di rispetto di un km dalle abitazioni: questo vuol dire – precisa il Vicesindaco di Aprilia – che già solo a guardare la mappa è palese che tutto l’impianto ricade in tale fascia di rispetto, avvalorandosi così il divieto. La vera sorpresa sarebbe se in Regione decidessero di dare seguito a questa procedura».