Tutto il popolo italiano ora parla di politica. E questo è forse l’unico lato positivo della vicenda.
A prescindere da come finirà (qui la situazione cambia di minuto in minuto) è certo che il peccato originale di questo caos istituzionale è l’ennesima porcata di legge elettorale con cui abbiamo votato: un misto di uninominale e proporzionale i cui effetti hanno portato tutti i soggetti politici, protagonisti di questo papocchio, a uscire fuori dal seminato, a cominciare da Lui, il protagonista, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
MATTARELLA POTEVA, MA NON DOVEVA
La Costituzione gli dà il potere di fare quello che ha fatto: le accuse di impeachment sono a dir poco ridicole e dettate solo dalla delusione e dalla rabbia dei partiti che si sono visti negare l’approvazione di un governo nato da una lunga e non facile mediazione. Quello che certamente non doveva fare è chiudere una trattativa con la maggioranza giallo-verde che, per quanto difficile, doveva continuare, avvalendosi dello strumento politico per eccellenza: la mediazione. Invece (sembra) che si sia fatto ‘influenzare’ dai soliti poteri economici, che non sono certo fantomatici, ma assai reali (ne sa qualcosa Berlusconi, defenestrato dallo spread nel 2011).
IMPARARE DAL PASSATO
Bisogna ricordare che nella storia italiana è accaduto spessissimo che un Primo Ministro incaricato si recasse al Quirinale con una lista di Ministri e poi ne uscisse con alcune variazioni ‘consigliate’ dal Presidente della Repubblica. Si era sempre riusciti a mediare tra le posizioni di due organi quali il Parlamento e il Presidente. Stavolta questo non è accaduto ed è stata rottura: su di chi sia tutta la colpa non mi sbilancerei però troppo, anche perché pure i partiti non sono esenti da comportamenti non proprio corretti, soprattutto nei confronti dei loro elettori.
IMPEACHMENT ANCHE PER I PARTITI
In campagna elettorale il Movimento 5 Stelle aveva chiaramente indicato Di Maio come premier, affiancato da una precisa lista di ministri, con una posizione nei confronti dell’Europa che rimaneva sì critica, ma senza paventare alcuna uscita drastica: l’elettore 5 Stelle si è ritrovato invece con un’alleanza con la Lega, un premier differente e Ministri sconosciuti, tra cui il prof. Paolo Savona, che è sembrata la via più breve e drastica per uscire dall’euro.
La Lega dal canto suo s’è fatta votare nei collegi uninominali dai forzisti, per poi abbandonare la coalizione con cui si era presentata agli italiani, un voltafaccia anche sulla posizione del “reddito di cittadinanza” verso cui gli imprenditori del nord, cuore della Lega, non sono certo così favorevoli.
Non parliamo poi del PD a cui gli elettori hanno chiaramente urlato “Cacciate Renzi” e che si ritrova invece a far decidere ancora a lui la linea politica.
LA TATTICA PER USCIRNE
E il paventato ricorso al voto ora cosa potrebbe cambiare? Con questa legge elettorale, una porcata figlia della Seconda Repubblica, sarà davvero complicato far partire la Terza Repubblica. E se poi a luglio, mese dei mondiali di calcio, voteremo davvero? Beh, almeno potremo parlare anche noi di formazione, ma di governo: catenaccio e contropiede, che lì siamo bravi!