Cosa c’è di meglio di una “defaticante” partita alle slot machine dopo qualche stressante ora di lezione? Ironie a parte, è quello che può accadere a Latina, dove questi apparecchi di cosiddetto “gioco legale” stanno tappezzando da tempo ogni angolo della città. Anche a poca distanza da istituti scolastici e sedi universitarie.
DISTANZE (QUASI) MAI RISPETTATE
Un aspetto, quest’ultimo, a cui non facciamo caso, o a cui semplicemente siamo abituati. Se non fosse che però la distanza è considerata un fattore discriminante dalle linee guida per il contrasto del gioco d’azzardo patologico. Il Comune di Latina si è dotato di un apposito regolamento che prescrive paletti in termini di distanze da luoghi nevralgici di aggregazione: spazi di culto, oratori, scuole di ogni ordine e grado. Trecento metri è la distanza minima oltre la quale installare slot machine. I luoghi più a rischio sono sicuramente gli istituti superiori e le sedi universitarie. Il Caffè ha fatto un giro con contachilometri e gps per verificare le condizioni davanti alle scuole superiori di Latina e alle sedi universitarie. Preoccupante il bilancio: solamente per gli istituti Einaudi e Marconi la distanza minima viene rispettata. E non è neanche difficile trovare sale slot e scommesse a fianco a compro oro, banche o sportelli, la cui distanza, secondo le disposizioni comunali, si riduce a 100 metri.
COME FUNGHI
Ma la questione di fondo non è nemmeno il dibattito – magari puntiglioso, sotto certi aspetti – del conteggio dei metri, pur essendo la distanza un indiscutibile elemento di contrasto alla tentazione del gioco. Il punto è la proliferazione quasi esponenziale delle macchinette mangiasoldi che ha subito il territorio comunale. Cifre diffuse dalla Agenzia dei Monopoli scattano una fotografia in chiaroscuro sul capoluogo pontino. Con sfumature preoccupanti. Dati 2016 (gli ultimi disponibili) attestavano la presenza di 1149 apparecchi in città. Ben 9,1 ogni 1000 abitanti. Si tratta per quasi l’80% di apparecchi AWP, le classiche slot presenti anche nei bar e nelle tabacchiere; per la restante parte si parla invece di videolottery (VLT), dispositivi che accettano anche banconote e consentono metodi di gioco più “avanzati” con vincite più alte. Esercito di slot che ha fatto uscire dalle tasche dei latinensi – inteso come saldo tra vincite e perdite – oltre 29 milioni di euro nel 2016 e 15 nel primo semestre del 2017 (ultimo report semestrale pubblicato). Importo che si è tradotto in un introito per le casse dell’Erario pari a 24 milioni di euro nei 18 mesi considerati. Un volume di giocate nel 2016 di 167 milioni, quindi una spesa pro capite pari a 1289 euro. Il tutto a corredo di un trend in ascesa sia per il numero di apparecchiature presenti sul territorio che per quanto riguarda il dato delle giocate complessive.
NORME OPACHE E IN RITARDO
Difronte a tali numeri, oltre al mezzo della sensibilizzazione, l’aspetto della distanza rispetto a luoghi di aggregazione assume contorni tutt’altro che di secondo piano. Paletti che però la normativa italiana non indica chiaramente, lasciando a Regioni e Comuni la possibilità di mettere nero su bianco le zone “free slot” e quindi di imporre un preciso limite di rispetto sul fronte della distanza. Prescrizioni attuate da molte regioni, ma non dalla Regione Lazio che, nella legge regionale 5/2013, si limita a rimpallare l’aspetto alla normativa statale, che però in merito presenta appunto un buco. Sebbene una proposta di modifica con annessa integrazione di un limite di 500 metri sia ferma alla Pisana da ormai un anno. Dopo anni di solleciti, dunque, l’amministrazione d Latina ha fatto da sé ed è riuscita a produrre un atto che regolamentasse la questione. Ma solamente a maggio 2017, ben sei anni dopo la pronuncia della Corte Costituzionale che affidava agli enti locali tale compito. Un regolamento che però può arginare solamente nuove concessioni sotto il limite di 300 e 100 metri, e non quelle già ottenute che, pur non essendo contemplate dal regolamento, sono state ottenute legittimamente secondo gli standard normativi comunali in vigore fino ad un anno fa. Anche in questo caso, insomma, una maggiore solerzia amministrativa avrebbe ridotto non di poco i “danni”. E visto che si tratta di pubblica salute – essendo la ludopatia una condizione patologica riconosciuta dalla comunità scientifica da quasi quarant’anni – non è un dettaglio.
Il regolamento comunale “per la prevenzione e il contrasto delle patologie e delle problematiche legate al gioco d’azzardo lecito” è arrivato a Latina solamente nel 2017. A sbloccare lo stallo sul tema – e ad impegnare la giunta Coletta a portare in aula un atto che imponesse finalmente dei paletti – è stata una mozione presentata da Nicoletta Zuliani, consigliera in quota Pd, all’apposizione da due consiliariature. Da anni l’esponente dem, membro del Comitato Pd “No Slot”, si batte a suon di mozioni e interrogazioni sul gioco d’azzardo patologico. “Il regolamento comunale – spiega a Il Caffè – non ha valore retroattivo, e pertanto non può agire su concessioni già rilasciate”. Come muoversi, dunque, sul fronte delle autorizzazioni già firmate e che non rispettano i vincoli imposti dal regolamento? “Far valere le nuove prescrizioni in forma retroattiva certante esporrebbe il Comune a diversi contenziosi. Si può dunque agire sull’incentivazione, proponendo sgravi fiscali a chi decide di non installare o di rimuovere apparecchi nel proprio locale, disposizione prevista tra l’altro nella relativa legge regionale. Oppure si può imporre un limite temporale alle concessioni. Entrambe le opzioni non sono previste dal regolamento. Mettere nero su bianco dei paletti in termini di distanza da luoghi sensibili è stato certamente un primo passo nell’operazione di contrasto al gioco d’azzardo nel nostro comune, ma servirebbe un po’ di coraggio in più da parte dell’amministrazione comunale”.
Alessandro Martufi