È impressionante lo spettacolo che la costa di Torvaianica sta offrendo in queste settimane. In alcuni tratti quasi tutta la spiaggia è stata mangiata dalle mareggiate e chi aspettava la stagione estiva per riprendere il proprio lavoro (balneari, ristoranti, ma anche i pescatori) ora guarda con timore a un fenomeno che si fa sempre più minaccioso. Coincidenza vuole che tra poco più di un mese a Pomezia si voterà per le elezioni comunali e, sulla questione dell’erosione costiera, oggi tutti sembrano avere qualcosa da dire e da promettere. Il Caffè ha voluto fare chiarezza chiedendo il parere di un esperto: ecco cosa ci ha spiegato il dottor Marco Anzidei, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV). Anzidei fa parte del Centro Nazionale Terremoti e dirige il progetto europeo Savemedcoasts, coordinato dall’Ingv. È autore di circa 140 pubblicazioni scientifiche.
(Il reportage completo sul nuovo numero del Caffè, in distribuzione da domani, con le parole dei pescatori, dei balneari e dei ristoratori di Torvaianica)
A pochi mesi dall’inizio della stagione estiva Torvaianica è interessata da un importante fenomeno di erosione costiera. Dal punto di vista scientifico si può dire che siamo di fronte a una situazione eccezionale?
«L’erosione delle coste risulta da alterazioni del ciclo di deposizione e trasporto di sedimenti, per cause naturali e antropiche. Tra le cause naturali, si deve tenere presente che tutte le coste del Mediterraneo sono in generale arretramento principalmente a causa dell’aumento del livello marino. Le opere costruite dall’uomo lungo le coste, ne aumentano la vulnerabilità in tratti specifici. Attualmente in Italia ci sono oltre 1200 km di spiagge a rischio erosione.
L’aumento del livello marino è causato dal riscaldamento globale che porta alla conseguente riduzione dei ghiacci terrestri e all’espansione termica degli oceani. Attualmente il livello del mare sta aumentando di circa 3 mm all’anno ed è in accelerazione. Per la fine del secolo (2100) si stima che questo sarà più alto di oggi fino a circa 1 metro. In zone più particolari, come ad esempio nella laguna veneta e nel delta del Po, l’aumento sarà ancora maggiore. Questi dati sono frutto di lunghi e complessi studi effettuati dai migliori scienziati di tutto il mondo. L’evento avvenuto a Torvaianica rientra quindi in un quadro complesso causato da fenomeni naturali. Gli effetti sulle cose sono invece causati dall’uomo che ha costruito troppo vicino al mare».
L’unica soluzione di cui si è parlato fino ad oggi è quella di installare scogliere artificiali a poche centinaia di metri dalla riva. Si tratta realmente di un intervento risolutivo per Torvaianica? Quali sono i rischi?
«Le barriere artificiali, in particolare se costruite lungo coste sabbiose, offrono soluzioni temporanee. Infatti la sabbia del fondo e della spiaggia si sposta continuamente con le correnti litoranee e le mareggiate. Nel giro di mesi o alcuni anni, l’effetto di difesa si può attenuare fino a sparire, in particolare se non si effettuano attenti studi preliminari. A maggior ragione se il livello marino è in aumento, il rischio è di spendere molto denaro per realizzare opere di scarso effetto difensivo e di breve durata nel tempo ma con molto impatto ambientale».
A suo parere, questa stagione balneare è definitivamente compromessa? La spiaggia di Torvaianica tornerà ampia come prima, e in quanto tempo?
«Le spiagge variano continuamente e nel Lazio la maggior parte delle coste sono in erosione. Quindi anche la spiaggia di Torvaianica ne sta subendo gli effetti. Attualmente è fortemente erosa in alcuni tratti potrà ricostituirsi naturalmente grazie all’effetto delle correnti e delle prossime mareggiate. Tuttavia potrà avere una continua tendenza ad arretrare proprio a causa della crescente erosione marina per l’aumento del livello marino e delle mareggiate. Queste ultime, a causa dei cambiamenti climatici si stanno verificando con maggiore energia negli ultimi anni».
Cosa possono fare Regione e Comune per evitare che in futuro le mareggiate siano così dannose? Ci sono buone pratiche da “copiare” da altre zone d’Italia?
«La migliore pratica è quella di rispettare la natura mantenendo una distanza di sicurezza dalla linea di riva. Purtroppo negli anni passati sono state realizzate infrastrutture e centri urbani troppo a ridosso della costa e del mare che ora si sta riprendendo i suoi spazi. Un’altra buona pratica è che i soggetti interessati (Regioni, Comuni, ecc.) lavorino in sinergia con i ricercatori in modo da poter inquadrare bene il fenomeno fisico per trovare le migliori soluzioni. Inoltre, la popolazione deve divenire più consapevole che un effetto dei cambiamenti climatici è proprio l’aumento del livello marino con tutte le sue conseguenze sull’ambiente costiero. Questo può essere raggiunto solo attraverso una sempre maggiore diffusione delle conoscenze. Questo è uno degli obiettivi del progetto europeo “savemedcoasts” (www.savemedcoasts.eu), coordinato dall’INGV, che ha per scopo la valutazione dell’aumento del livello marino sulle coste del Mediterraneo.
Si deve considerare che nel corso della storia geologica il livello marino è oscillato anche di centinaia di metri. Ad esempio durante l’ultimo periodo caldo (125.000 anni fa), il livello marino era più alto di circa 7 metri rispetto ad oggi. Al tempo dei romani (2000 anni fa) era circa 1 metro più basso di oggi e nel 2100 potrebbe essere 1 metro più alto di oggi. Nel secolo successivo potrà ancora aumentare».
di Martina Zanchi