In particolare, è stata sonoramente bocciata la procedura con cui hanno appaltato all’esterno diverse incombenze: attività di supporto giuridico, amministrativo, tecnico e contabile, archiviazione e segreteria alle Direzioni aziendali, ospedaliere e distrettuali. Lavoro d’ufficio, insomma, appaltato per due anni ad un costo di 3 milioni e 565mila euro e spicci mediante il bando di gara pubblicato il 22 settembre 2017. Ma tutto ciò – secondo i massimi giudici della Giustizia amministrativa – non doveva essere affidato con il classico appalto. Andava infatti utilizzato un altro schema legale, cioè la procedura della somministrazione di personale
SENTENZA RIBALTATA
All’esito dell’udienza pubblica tenutasi il primo marzo, il Consiglio di Stato ha così dato ragione alla Randstad Italia Spa. Tale società, raccio italiano del colosso mondiale del cosiddetto lavoro interinale o “in affitto”, lamentava di essere stata esclusa ingiustamente e contro la legge italiana insieme a tutte altre Agenzie per il lavoro. In primo grado il Tribunale amministrativo del Lazio aveva dato ragione alla Asl. E invece, hanno sentenziato i giudici superiori, ha ragione l’appellante perché si tratta di “appalto fittizio”. In buona sostanza, perché nell’appalto vero e proprio chi si aggiudica il lavoro è lui stesso a dirigere il personale che fornisce all’Ente appaltante. Nel caso della Asl Roma 6, invece, è quest’ultima a gestire in tutto e per tutto i lavoratori “somministrati” dalla ditta esterna per le totali 171.558 ore richieste.
LEGGE VIOLATA
Invece per legge, la somministrazione di personale – si legge nella sentenza – “è attività riservata alle Agenzie per il Lavoro iscritte nell’apposito Albo presso il ministero del Lavoro”. E ad esse occorre rivolgersi in casi come quello che riguarda il lavoro d’ufficio appaltato dalla Asl Roma 6. Un modo di ricorrere agli appalti criticato dall’Unione sindacale di base, l’Usb, che commenta la sentenza: “Un malvezzo utilizzato da aziende sanitarie pubbliche per far fronte alla carenza di personale (infermieri, Operatori Socio Sanitari, ausiliari, ma anche personale tecnico e amministrativo)”. Con il risultato di fare il contrario di quanto imposto dal dettato normativo. “Conseguenza di tale erronea impostazione – rimarca il Consiglio di Stato nella sentenza contro la Asl Roma 6 – è che la partecipazione alla gara è stata consentita a tutte le imprese commerciali, a cui è vietata la somministrazione di personale pena la commissione di un illecito amministrativo. Mentre eÌ€ stata preclusa alle Agenzie per il Lavoro – e tra queste alla societaÌ€ appellante – a causa dei particolari requisiti d’accesso richiesti”.
ANDAZZO CRITICATO DAL SINDACATO
Con lo pseudo appalto, aggiungono i giudici, “l’Azienda mira sostanzialmente a integrare il proprio personale interno, dimostratosi insufficiente, con altro personale esterno, in modo da garantire il regolare svolgimento delle proprie attività d’ufficio”. Il sindacato Usb, commentando la sentenza, sottolinea poi che “alcune Asl in regime di blocco delle assunzioni, hanno per anni utilizzato il meccanismo della terziarizzazione (affidamento del lavoro a soggetti esterni, ndr) di figure professionali, spendendo centinaia di milioni di euro, affidando l’organizzazione soprattutto a cooperative”. Quindi il Consiglio di Stato giudica l’appello contro l’appalto fondato “e determina, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado e il conseguente annullamento degli atti con esso gravati”.
TUTTO DA RIFARE
Nel giudicare fontato l’appello contro l’appalto dell’Asl Roma 6, il Consiglio di Stato “determina, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento del ricorso di primo grado e il conseguente annullamento degli atti con esso gravati”. Appalto annullato, perciò. La Asl Roma 6 dovrebbe a questo punto rifare daccapo la procedura, per cercare nuovo personale esterno a tempo determinato. Stavolta , però, seguendo le modalità previste dalla legge.
USB DENUNCIA: COSTI MAGGIORATI
La questione non sarebbe solo di legalità, ma anche di efficienza del sistema e sprechi. Commentando la sentenza di cui parliamo, il sindacato Usb denuncia “il notevole aggravio di costi per il servizio pubblico, con il conseguente peggioramento della qualità del servizio e delle condizioni di lavoro e il contestuale esplodere della corruzione per le aggiudicazioni”. L’Usb spiega le accusa facendo un calcolo: la Sanità pubblica spenderebbe quasi il 20% in più con la “svista” degli appalti fittizi. “Fatto cento il costo di un’ora di lavoro – ragiona l’Usb -, l’appalto per somministrazione costa 105, viceversa nell’appalto per beni e servizi – l’oggetto reale dell’appalto – la stessa ora costa 125″. Sempre secondo l’Usb una sola cooperativa ha presso il Policlinico Umberto I circa 600 infermieri in appalto. Ogni ora lavorata di questi infermieri costa alla Regione circa 26 euro, ma al lavoratore ne arrivano circa 10 lordi”. Situazioni, dunque, che potrebbero aprire scenari di responsabilità per danno erariale, ossia alle casse pubbliche, ed eventuali processi contro i diversi personaggi dell’Asl innanzi alla Corte dei Conti.