Secondo gli inquirenti, ad Aprilia era stata costituita una vera e propria organizzazione criminale, che aveva trasformato una vecchia cava di pozzolana nei pressi della Pontina in una discarica illegale di rifiuti, anche tossici, e con tali accuse a luglio erano stati arrestati 22 indagati, 16 dei quali messi in carcere. Le indagini, durate due anni, portarono la Polizia Stradale di Aprilia a far scattare il blitz la mattina del 27 luglio 2017.
A gestire la discarica sarebbe stata una coppia di Aprilia, Antonino Piattella e Roberta Lanari, insieme al figlio, Riccardo Piattella. Un gruppo che avrebbe operato tra Aprilia e i Castelli Romani. Riccardo Piattella, “oltre a ricevere gli appuntamenti per gli sversamenti dai singoli conferitori – specificarono gli investigatori al momento degli arresti – si occupava anche di manovrare personalmente escavatori e trattori stradali per provvedere allo scarico e all’interramento di enormi quantitativi di rifiuti”. Tutto tramite otto società a responsabilità limitata della famiglia Piattella, che avrebbe anche investito i proventi dell’ecobusiness in attività lecite. Rifiuti che provenivano da aziende delle province di Roma e Latina, smaltiti da imprenditori che in tal modo ottenevano notevoli risparmi. Oltre ai Piattella, vennero così arrestati responsabili delle ditte coinvolte negli smaltimenti illeciti e trasportatori. Vennero infine sequestrati beni per 15 milioni di euro. Ovvero 9 società, 11 quote societarie, 37 terreni, 7 case, 8 fabbricati industriali, 7 locali di deposito e 60 autovetture e mezzi d’opera aziendali, oltre a numerosi rapporti bancari e a 200mila euro circa delle aziende che sversavano illegalmente rifiuti nella vecchia cava. Ora il processo. Per gli indagati a piedi libero sono invece state chiuse le indagini dalla Dda di Roma e si profila la richiesta di rinvio a giudizio, per un eventuale processo bis.