L’indagine ha tratto spunto da una comunicazione inviata dall’Ufficio sicurezza della società NEXI s.p.a. (ex Cartasì), che segnalava tentativi di pagamento effettuati presso un’azienda di autotrasporti di Pomezia risultati anomali per l’entità dell’importo e l’origine estera della banca che aveva emesso le carte di credito utilizzate.
L’informazione, pervenuta al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, è stata girata al Gruppo Antifalsificazione Monetaria. È stato così subito appurato che alcune carte di credito utilizzate nella circostanza erano state già adoperate per effettuare pagamenti fraudolenti in altre località d’Italia. È risultata “una movimentazione anomala per una somma pari a 9.000 euro, bonificata da un agriturismo in favore di uno degli indagati in possesso di una carta di credito clonata.
Ecco come veniva attuata l’attività criminale. Prima veniva individuato l’esercente compiacente titolare di pos presso il quale effettuare i consistenti “pagamenti” e, contestualmente ottenere la restituzione in contanti della transazione eseguita, con una percentuale trattenuta dal titolare dell’esercizio. Successivamente venivano effettuati tentativi di pagamento con diverse carte di credito dapprima per importi irrisori tesi a verificare il funzionamento della carta e, solo in caso positivo, per importi più consistenti. In una circostanza i criminali avevano provato ad eseguire, senza successo, presso un rivenditore di auto, un pagamento da 500.000 euro con una carta intestata ad un cittadino degli Emirati Arabi. I codici relativi alle carte di credito clonate non hanno interessato soltanto vittime italiane ma anche soggetti residenti in paesi dell’Unione Europea e in altre parti del mondo.
In sostanza l’operazione della Finanza ha portato alla luce un sistema ben strutturato dedito al reperimento – sui canali nazionali e internazionali – di codici relativi a carte di credito clonate a danno di ignari titolari, poi utilizzati presso esercenti compiacenti i quali permettevano di “strisciare” le carte restituendo in contanti parte delle somme percepite. Il totale delle somme illecitamente transate ammonta a circa un milione di euro.
Le indagini sono state svolte con appostamenti, pedinamenti, analisi di segnalazioni di operazioni sospette inviate dagli istituti bancari, intercettazioni telefoniche e telematiche.