La banda usava due persone che si fingevano poliziotti mostrando anche distintivi fasulli della polizia. “La vittima del reato ha riconosciuto il suo aggressore – ha spiegato Walter Dian – che aveva mostrato un distintivo fasullo per fingersi appartenente alle forze dell’ordine. Rapinato di 50 euro e di un telefono cellulare. Poco prima, la stessa persona insieme con altri avevano tentato di mettere in atto lo stesso reato ai danni di un altro ragazzo ospite della struttura di accoglienza che è riuscito a sfuggire ai rapinatori dandosi alla fuga. Anche lui ha riconosciuto il soggetto fermato come autore materiale del gesto. Siamo stati allertati solo 24ore dopo e il Questore ha richiesto l’intervento della Digos congiuntamente con la squadra mobile per l’allarme sociale creato dall’evento. Si tratta di un episodio di mera criminalità comune senza nessuno sfondo razziale. Siamo arrivati a lui attraverso la descrizione del veicolo usato che da subito, incrociando i nostri dati ci ha condotto al contesto criminale in oggetto”.
A seguito anche i chiarimento del vicecapo della Squadra Mobile Preziosi che ha detto: “La collaborazione delle vittime è stata fondamentale e anche il dialogo tra le due vittime (uno scampato). Sono stati capaci di annotarsi parzialmente una targa e una video sorveglianza ci ha aiutato a restringere ulteriormente il campo. L’arrestato sedeva nel lato passeggero e aveva esposto la placca chiedendo in seguito il permesso di soggiorno. Con la scusa di accertamenti più approfonditi lo hanno fatto salire in macchina dove il malcapitato è stato percosso, perquisito e rapinato poter poi essere catapultato fuori dalla macchina non appena avevano finito. A giugno 2017 avevamo arrestato alcune persone collegate che avevano compiuto comportamenti simili. Cinque giorni di prognosi per alcuni pugni in faccia”. Si chiude così almeno la paura di un gesto di razzismo dopo i terribili fatti di Macerata ma le indagini della polizia non si fermano. “Stiamo lavorando anche sugli altri complici” hanno detto.
I.E.