COME E DOVE SCARICANO?
«Parliamo degli impianti di sanificazione delle acque fognarie denominati Capoluogo, Zara 1 e Zara 2, Pratica 1 e Pratica 2 e Santa Palomba, gestiti da Acea. Quattro – spiega Fiorentini – scaricano le acque trattate nei fossi locali e da lì nel mare. Due depuratori hanno invece le condotte di sbocco direttamente a mare: Zara 1 a 900 metri dalla riva e a 7 metri di profondità, mentre l’impianto Pratica 1 scarica a 1.600 metri dalla riva e a 11 metri di profondità. Distanze e profondità decisamente insufficienti, che generano un forte impatto sul mare, visto che il fondale in questa zona declina lentamente, cioè si abbassa di un metro ogni circa 140 – 150 metri lineari, ed è molto sabbioso e quindi particolarmente delicato».
DOVREBBERO STARE ALMENO 30 METRI SOTTO IL MARE
«Gli sbocchi dovrebbero stare a non meno di 30 metri di profondità, al di sotto della fascia detta del ‘termoclino’ – spiega l’ingegner Marco Porcelli, specializzato nello studio delle aree di ripopolamento marino – perché non subisce variazioni di temperature stagionali e facilita la dispersione dei liquami. O almeno sotto la cosiddetta ‘linea neutra’, sotto i 15 metri, non coinvolta dai moti ondosi. Negli anni ’90, le norme prevedevano limiti più severi per gli sbocchi fognari che finiscono in mare: mille metri dalla costa e 30 metri di profondità. Poi la legge 152 del 2006, il cosiddetto Testo unico ambientale, ha rimesso la decisione ad una sorta di valutazione ‘caso per caso’ effettuata nel corso delle Conferenze dei Servizi, i tavoli istituzionali regionali chiamati ad occuparsi dei singoli progetti fognari, a cui partecipano anche i Ministeri dell’Ambiente e della Salute. I depuratori e le relative tubature vecchie di decenni andrebbero in molti casi ricostruiti, o almeno adeguatamente manutenute». «In entrambe le condotte marine – dice Fiorentini – manca addirittura il terminale chiamato ‘diffusore’, mai inserito, che riduce l’impatto ambientale delle grosse quantità di scarichi nel mare. Ma manca pure la protezione catodica, ovvero dell’anti corrosione: i tubi sono molto rovinati».
NESSUNA DISTINZIONE TRA ACQUE BIANCHE E NERE
«Inoltre, le acque nere (liquami civili e industriali, ndr), del territorio comunale – sottolinea Fiorentini – confluisco nei sei depuratori, ma vengono convogliate assieme a quelle cosiddette bianche, cioè le acque piovane, che dovrebbero invece seguire un percorso differente. Non di rado quando è brutto tempo si genera un sovraccarico idraulico degli impianti che viene risolto con il ‘troppo pieno’. Significa che i liquami in eccesso vengono espulsi dagli impianti senza un adeguato pretrattamento. Eppure – aggiunge – l’ordinanza prefettizia n. 14 dell’11 novembre 2005 obbliga tutti gli edifici comunali e gli impianti industriali ad adeguare gli scarichi pluviali. Ma da allora le Amministrazioni comunali che si sono susseguite non hanno predisposto alcun tipo di controllo». La questione ittica e marina rischia di diventare rilevante alle prossime elezioni: Fiorentini è co-fondatore del gruppo ‘Amici di Grillo Pomezia-Torvajanica’, in aperto contrasto con il 5 Stelle locale. Mentre l’avv. Aquino ha annunciato la propria candidatura a Sindaco di Pomezia.
L’Amministrazione comunale di Pomezia ha mai dato corso al punto 22 “operazione mare pulito” del programma elettorale del Movimento 5 Stelle del 2013? Se sì, in che modo? Quando sono state portate a termine le operazioni di controllo dei 6 depuratori urbani di Pomezia? Con quali risultanze? Qual è la situazione degli scarichi nei fossi e nel mare di Pomezia? È stata mai adottata la fitodepurazione? Se sì, in quale dei sei impianti di depurazione? Sono le domande che il Caffè ha inviato al primo cittadino di Pomezia, Fabio Fucci, restiamo in attesa di una sua cortese risposta.
«I sei depuratori di Pomezia – dice Paolo Fiorentini – utilizzano una tipologia di trattamento decisamente superata, sia nei metodi di disinfezione che in quelli di smaltimento del refluo, anziché la fitodepurazione (con le piante, ndr). Sono una infinità le ricadute igienico-sanitarie e ambientali che gravano sulla qualità delle acque del mare e quindi sul turismo, sulla pesca, ma anche sulla salute umana. A cominciare dall’uso dell’acido peracetico che disinfetta l’acqua più velocemente del cloro, ma genera problemi endocrinologici sui pesci maschi che subiscono una inversione sessuale, come dimostra una ampissima letteratura scientifica. Gli amministratori sono a conoscenza di questi gravissimi problemi, tanto è vero che il sindaco di Pomezia, Fabio Fucci, inserì tali temi nel suo programma elettorale del 2013, ma nulla è stato fatto di quanto promesso nei 4 anni e mezzo appena trascorsi». Esempi vicini di fitodepurazione ci sono, uno sta a Latina lido.
Daniele Castri