MAXI MULTE ANCORA IN CORSO
Inattuata la sentenza del 2007, il 2 dicembre 2014 è arrivata la mazzata: al livello nazionale, sanzione forfettaria di 40 milioni e poi 200mila euro per ogni sito senza rifiuti pericolosi e 400mila per quelli con rifiuti pericolosi. Spulciando i documenti europei, il Caffè è risalito alle liste delle discariche nel mirino e quindi agli importi: per il periodo successivo alla sentenza del 2/12/2014 fino al 1° semestre 2017, il totale nazionale finora ammonta a 186 milioni e 400mila euro. Per i siti laziali, oltre ai circa 8 milioni per la multa forfettaria, multe complessive di 13,4 milioni. E continueremo a dover pagare fino alla completa esecuzione della sentenza, cioè fino a quando le discariche non bonificate – di quelle beccate dalla UE – non diventeranno zero. Mano a mano che vengono messe a posto, la multa scende. Inevitabile che il pubblico ministero della Corte dei Conti, Massimo Perin che conduce l’indagine, guardi a chi ha guidato la Regione Lazio e il Campidoglio nel periodo 2007 – 2014: Piero Marrazzo, Renata Polverini, i loro Assessori e tecnici. Ma la situazione non è azzerata nel Lazio, dove risultano ancora 6 discariche “non conformi” (una con rifiuti pericolosi): quindi multa da 1,4 milioni di euro per il semestre in corso. Qualcuno dovrà spiegare?
PROFESSIONISTI DELLE EMERGENZE
L’indagine della Corte dei Conti – che ha mobilitato i Carabinieri – conferma, purtroppo, quel che da anni il Caffè racconta: il business dei rifiuti è in mano a professionisti della creazione di emergenze. Hanno sabotato a lungo la raccolta differenziata per far ingrassare discariche ed inceneritori (che a loro volta producono rifiuti speciali). Ma non hanno avuto alcuno scrupolo nel lasciare quei siti al loro destino: niente bonifiche né messa in sicurezza. È accaduto non solo nei siti abusivi, ma pure in quelli autorizzati: ad esempio, a Malagrotta, la megadiscarica di Roma (altra condanna UE), a Borgo Montello – Latina, alla discarica comunale di Velletri sulle falde idriche di Carano che alimentano Aprilia, le colture ai piedi dei Castelli Romani, Anzio, Nettuno e parte di Latina e Cisterna. Stesso marcio copione anche per le 4 discariche, illegali e non, che ad Aprilia doveva far bonificare il Comune: qui sono riusciti nell’epica impresa di farsi togliere i fondi regionali per inerzia. In qualche caso, al limite, certi tecnici pagati profumatamente coi soldi pubblici ha abbozzato pseudo-bonifiche sulla carta, con la politica a fare da palo. Personaggi che ora si riciclano coi cosiddetti ‘bio’gas.
ANCORA DISCARICHE
Un circolo viziato e vizioso in cui alla produzione di rifiuti si doveva per forza rispondere interrando i rifiuti, anche quelli pericolosi. Ed oggi? La delibera di giunta regionale del Lazio 199 dell’aprile 2016, il presunto nuovo Piano rifiuti, oltre a indicare cifre bizzarre sull’intero ciclo, lascia ancora aperta la porta ad ulteriori ampliamenti delle discariche esistenti. Un paracadute irrinunciabile, evidentemente. Dal settembre 1998 la legge regionale 42 nel Lazio imponga la “ecotassa”: un balzello che doveva servire ad eliminare via via le discariche…
NON FINISCE QUI: LA CORTE DEI CONTI CONDANNA
I danni alla Natura e alla salute nessuno li pagherà mai. Basti pensare alle falde acquifere inquinate e alle malattie in misura notevolmente maggiore rilevate sulla popolazione che vive intorno ai siti di smaltimento e lavorazione dei rifiuti, ad esempio dal programma epidemiologico Eras Lazio, poi misteriosamente bloccato dalla Regione Lazio. Ma i danni erariali, cioè alle casse pubbliche, non è detto che restino senza responsabili. A giugno scorso, la Corte dei Conti ha condannato l’ex direttore generale ed il dirigente del settore rifuti della Provincia di Treviso: devono risarcire l’Ente rispettivamente con 200 mila euro circa e quasi 110 mila, per la mala gestione di due discariche, tra ritardi nelle richieste di bonifica e nel far pagare le polizze fidejussorie a garanzia della bonifica ed una generale «condotta gravemente colposa» secondo il pm contabile Chiara Imposimato. Sembra l’identikit di certi politici e dirgenti laziali.
Tg e giornali mostravano Napoli assediata da monnezza. Ma il Lazio stava messo peggio: nel 2006 i dati ufficiali APAT registravano 11,1% di differenziata nel Lazio, contro l11,3% della Campania, in piena emergenza. E poi? Gli ultimi dati Ispra: Lazio al 37,5% (la media del Centro Italia è 43,8%) e Campania al 48,5%.