Si è incatenata davanti al negozio in cui lavora, all’outlet di Castel Romano, per protestare contro quella che ritiene essere una decisione “punitiva” nei suoi confronti: un trasferimento d’ufficio a oltre 50 km di distanza. Per Valeria Ferrara di Aprilia, 31 anni e un bambino di poco più di due, è praticamente impossibile adattarsi alla nuova situazione lavorativa e la sta vivendo come una punizione da parte di chi gestisce il personale del punto vendita di una nota griffe di moda. Da oltre un anno Valeria lotta per ottenere un diritto per sé e per le sue colleghe: la possibilità di avere una domenica libera a turno. «Per me significa sedermi a pranzo a tavola con mio marito e mio figlio – spiega a Il Caffè – poter uscire tutti insieme, andare in spiaggia, visitare una mostra». Cose normali, negate però a chi deve essere a disposizione quando gli altri vogliono andare a fare compere.
«All’inizio ci hanno ignorate – racconta Valeria – poi ci siamo iscritte al sindacato Usb e io e un’altra collega, entrambe con figli piccoli, ci siamo esposte più delle altre». A quel punto, spiega, a loro due è stata accordata la domenica libera a turno. Ma poche settimane fa un fulmine a ciel sereno: il trasferimento, per Valeria, all’outlet di Valmontone. Sempre per la stessa paga («850 euro netti») e part time, ma a quanto pare qui avrebbe le domeniche libere. È un prendere o lasciare ma Valeria non accetta la nuova situazione, soprattutto perché sarebbe incompatibile col suo ruolo di madre, e mercoledì pomeriggio si è incatenata davanti al negozio, incassando la solidarietà delle colleghe e gli sguardi incuriositi dei tanti clienti dell’outlet.
Il sindacato Usb ha già impugnato il provvedimento ritenendolo “ingiusto” e “punitivo” e la commessa ha avuto l’assicurazione di un incontro con la senatrice Valeria Cardinali. Ad oggi dai suoi superiori Valeria non ha ricevuto nessuna comunicazione. «Sono provata e sotto stress, ma sono felice della solidarietà che mi stanno dimostrando tutti. Qui non si tratta di un capriccio – rivendica – ma di una lotta per la mia dignità di madre e lavoratrice».
M.Z.