Le mafie continuano a tenere ben stretti i loro tentacoli attorno al Lazio. In particolare attorno ai territori romano e pontino. A confermarlo è la Dia, nell’ultima relazione presentata al Parlamento. La Direzione investigativa antimafia, relazionando sul monitoraggio svolto su quanto accaduto nella seconda metà del 2016, specifica infatti che “il Lazio e, in modo particolare, la capitale, fulcro della vita politica, economica ed amministrativa del Paese, continuano ad esercitare una forte attrattiva per soggetti appartenenti o contigui alla criminalità organizzata, compresa quella di origine siciliana”.
Cosa Nostra andrebbe avanti integrandosi sempre più con la criminalità autoctona, soprattutto nel traffico di sostanze stupefacenti e nel riciclaggio. “Si assiste – evidenzia la Dia su tale fronte – all’adozione di strategie volte a sbaragliare la concorrenza, in modo da favorire le aziende direttamente o indirettamente gestite da detti soggetti, ovvero in comportamenti estorsivi che incidono negativamente sul rendimento dell’impresa vessata da prelievi forzosi”. Il territorio viene poi considerato “strategico” anche per la ‘ndrangheta, che ugualmente avrebbe stretto “solide alleanze con appartenenti alla criminalità autoctona”. Nella capitale è stata appurata l’operatività della ‘ndrina Fiarè di San Gregorio di Ippona, legata al più strutturato clan Mancuso e attiva nell’acquisizione e gestione di attività commerciali ed imprenditoriali utilizzate per operazioni di riciclaggio. Il clan reggino Alvaro-Palamara risulta invece inserito nei settori della ristorazione e delle acquisizioni immobiliari. Nell’area di Spinaceto e Tor de’ Cenci, vengono segnalate presenze delle ‘ndrine crotonesi Arena e reggine Bellocco, Piromalli, Molè, Mazzagatti, Polimeni, Bonarrigo di Oppido Mamertina, attive nel traffico di stupefacenti e nel riciclaggio. Affiliati alle ‘ndrine reggine Pelle, Pizzata e Strangio e al clan Muto di Cetraro sarebbero, invece, specializzati nell’usura, nelle estorsioni, nelle rapine, e nel traffico di stupefacenti ed armi. La Dia indica infine come operativa la locale di Laureana di Borrello, formata dalle famiglie Ferrentino-Chindamo e Lamari e la ‘ndrina Piromalli di Gioia Tauro, con interessi nel comparto agroalimentare del basso Lazio. Sul litorale di Anzio e Nettuno confermati gli interessi delle cosche di Guardavalle, che hanno stabilito rapporti con esponenti delle famiglie Romagnoli-Cugini di Roma e Andreacchio di Nettuno, dedite al traffico di stupefacenti. E in provincia di Latina, specifica l’Antimafia, “recenti riscontri investigativi hanno evidenziato la presenza degli Alvaro ad Aprilia, dei Tripodo, Bellocco e La Rosa-Garruzzo a Fondi. Sul fronte della camorra, la Dia sostiene poi che “la vicinanza geografica con la Campania e i collegamenti diretti con la capitale fanno del Lazio uno sbocco strategico per i clan camorristici, che nel tempo si sono insediati nelle province di Roma, Frosinone e Latina”. Confermati gli interessi del clan Mallardo e gli affari della famiglia Pagnozzi nella zona sud-est di Roma. Per l’Antimafia, infine, “nell’area metropolitana sono radicati sodalizi autoctoni cui l’autorità giudiziaria ha riconosciuto la connotazione mafiosa”. Segnalato così il “rinnovato interesse” di ex militanti della Banda della Magliana verso il settore degli stupefacenti, delle sale scommesse, del gioco d’azzardo e degli investimenti immobiliari. E confermata l’operatività del clan Casamonica, con propaggini del clan radicate anche nel basso Lazio e in Abruzzo.
Clemente Pistilli