CAMBIA IL CLIMA, GLI ANIMALI PROVANO AD ADATTARSI
Se è vero che sulla costa laziale capita da sempre che si spiaggino tartarughe e delfini, è sotto gli occhi di tutti come negli ultimi anni il fenomeno si sia intensificato. Così da qualche tempo questi animali non vengono solo a morire, ma anche a dare alla luce i loro piccoli. Il primo caso di nidificazione di una tartaruga marina registrato nel Lazio risale allo scorso anno, quando una Caretta caretta ha scelto la spiaggia del Poligono militare di Nettuno per deporre le uova. Quello di pochi giorni fa a Tor San Lorenzo è il secondo caso che gli esperti hanno potuto verificare. «Questo andamento potrebbe essere legato a due fenomeni – spiega Manfrini, membro anche del Comitato tecnico-scientifico del Centro culturale ambientale della Lega Navale Italiana – il primo è la “tropicalizzazione”, cioè l’innalzamento della temperatura dell’acqua del mare, il secondo la “meridionalizzazione” che ad essa è legata, cioè la migrazione a nord di specie che solitamente vivono nella parte meridionale del Mediterraneo». Una conferma in più che i cambiamenti climatici sono tutto meno che una chiacchiera da bar.
Ma come al solito anche gli esseri umani fanno la loro parte: le tartarughe hanno sempre più difficoltà a trovare spiagge adatte alla deposizione di uova perché è sempre più difficile trovarne di non antropizzate, così si adattano anche a luoghi più affollati. Infatti, ad Ardea, il nido è posizionato a pochi metri dagli ombrelloni di uno stabilimento balneare. «L’animale ha scelto la posizione migliore – precisa Manfrini – cioè leggermente in salita, così eventuali mareggiate non dovrebbero danneggiare il nido». Ci sono buone possibilità che la schiusa vada a buon fine.
PIÙ DELFINI E TARTARUGHE NON VUOL DIRE ACQUA PULITA
Ma la maggiore presenza di questi animali non va di pari passo con una migliore qualità dell’acqua. All’inizio di luglio Legambiente ha diffuso i dati del report di Goletta Verde sull’inquinamento dei fossi che sfociano in mare. In cima alla poco edificante classifica c’è proprio Ardea con l’Incastro (o Fosso Grande). Inquinato da almeno quattro anni è anche il fosso della Crocetta di Torvaianica, mentre Rio Torto è “malato cronico” da sette anni a questa parte. «Il tursiope (insieme alla stenella striata tra le specie che più si spiaggiano in Italia, ndr) può vivere anche in ambienti molto inquinati – precisa il biologo intervistato da Il Caffè – Tuttavia, quando si spiaggiano e vengono analizzati, nei loro tessuti si possono rilevare alte quantità di inquinanti. Per le tartarughe il discorso è un po’ diverso: loro, come anche i cetacei, risentono più che altro di eventi traumatici come l’ingerimento di buste di plastica o di microplastiche, dell’impatto con le barche e dell’interazione con le attività di pesca. La loro presenza, comunque, non è un indicatore della pulizia dell’acqua». Molto c’è ancora da fare per rendere il nostro mare un luogo accogliente per questi animali, sperando che l’entusiasmo suscitato dalla visita di mamma tartaruga, stavolta, non lasci spazio al consueto disinteresse.
Martina Zanchi