La variante Piave, non essendo conforme al Prg, doveva essere discussa ed eventualmente approvata dal consiglio comunale di Latina e non dalla giunta, come invece è avvenuto. Quell’approvazione è stata dunque un abuso d’ufficio e tutto quello che è stato fatto in tale vicenda è stato fatto solo per procurare vantaggi illeciti al politico e costruttore Vincenzo Malvaso. Questa la conclusione del pm Gregorio Capasso al termine della sua requisitoria nell’udienza preliminare per la variante diventata un simbolo di cattiva gestione dell’urbanistica da parte della giunta di Giovanni Di Giorgi. Il pubblico ministero ha quindi chiesto le condanne a 14 mesi di reclusione per Malvaso e a 10 mesi e 20 giorni per l’ex assessore all’urbanistica, Giuseppe Di Rubbo, che hanno scelto di essere giudicati con rito abbreviato, dunque allo stato degli atti. Il pm ha infine chiesto il rinvio a giudizio degli altri imputati. A parlare sono poi stati i difensori di Malvaso e Di Rubbo, gli avvocati Renato Archidiacono, Alessandro Paletta e Giuseppe Poscia. L’udienza è stata quindi rinviata dal giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Pierpaolo Bortone, a lunedì 17 luglio per le arringhe degli altri difensori e per la sentenza.
Imputati, oltre ai due politici, il tecnico comunale Marco Paccosi, il dirigente comunale Ventura Monti, il tecnico comunale Fabio De Marchi, e il progettista e direttore dei lavori Antonio Petti. Tutti accusati a vario titolo di falso, abuso d’ufficio e violazioni delle norme urbanistiche per la variante al piano particolareggiato in zona Piave, poi annullata dal commissario prefettizio Giacomo Barbato. Uno strumento che ha consentito a Malvaso di costruire la palazzina a lui sequestrata dai forestali del Nipaf nell’ambito dell’inchiesta che ha messo anche definitivamente in crisi la giunta Di Giorgi.
Clemente Pistilli
11/07/2017