«In un tavolo tecnico presso il Comune di Velletri il 16 dicembre 2015, l’Arpa Lazio (Agenzia regionale di protezione ambientale) ha detto che le acque dell’antico fontanile di Gavignano, vicino l’ex discarica comunale di Lazzaria-Colle Rosso, “sono risultate avere i caratteri di potabilità”. A febbraio scorso lo ha ribadito a mezzo stampa anche l’assessore all’ambiente, Luca Masi: “l’acqua del fontanile è pulita”. Le nostre analisi, effettuate pochi giorni fa da un laboratorio privato accreditato, dicono esattamente il contrario: l’acqua risulta “non conforme” ai limiti di legge, a causa della presenza di batteri coliformi, escherichia coli ed enterococchi, e non può essere bevuta né da persone né da animali. Se hanno il coraggio, gli amministratori e dirigenti comunali e regionali vengano a berla davanti a noi l’acqua del fontanile!». Con questo resoconto il volitivo presidente del comitato No biogas – No discarica di Velletri, Gianluca De Felice – imprenditore agricolo e residente nella zona – sabato 27 maggio ha aperto l’assemblea pubblica davanti l’ingresso della ex discarica comunale veliterna in località Lazzaria – Colle Rosso (via Passo dei Coresi), chiusa dal 1999 e mai bonificata né messa in sicurezza.
Là SOTTO CI SONO LE FALDE
Praticamente, il sito sta a cavallo tra Velletri, Cisterna, Lanuvio ed Aprilia, in un’area priva di acquedotto pubblico e fogne, classificata dalla Regione Lazio come “agricola di rilevante valore”. Niente allarmismi, ma non si può tacere che là sotto, a pochi metri dal suolo, c’è l’importante falda idrica da cui attingono le sorgenti di Carano, nel Comune di Aprilia. Sorgenti che alimentano gli acquedotti pubblici di Aprilia, Anzio, Nettuno e in parte Cisterna e Latina nord, oltre a tanti pozzi privati e colture.
CLORO ALLE STELLE
«Le analisi dei pozzi spia interni alla discarica effettuate l’11 aprile scorso dal Comune di Velletri tramite una società privata – afferma Antonio Giangirolami, imprenditore agricolo – dimostrano che le acque sotto la ex discarica sono fortemente inquinate dal cloro, un elemento chimico che costituisce un ‘tumore’ per le coltivazioni locali, oltreché un rischio reale e concreto per la salute umana e per l’ambiente. In due dei quattro pozzi spia – spiega l’agricoltore – il cloro è presente in concentrazioni che superano del 550% il limite massimo ammesso dalla legge (oltre 5 volte più alto). Per la precisione, 1.290 e 1.380 milligrammi per chilo (pozzi n. 1 e n. 3, ndr), contro un limite pari a 250 milligrammi per chilo. Abbiamo dovuto faticare non poco per avere queste carte, ma alla fine ci sono state consegnate dal Consigliere comunale Alessandro Priori. Che la discarica non sia ancora sanata – sbotta ancora Giangirolami – lo dimostra anche la presenza di ferro, nitrati, fosfati e solfati, composti chimici molto nocivi, nelle acque di tutti e 4 i pozzi spia. Se non altro le concentrazioni non superano i limiti di legge».
CHE BONIFICA HANNO FATTO?
«Dal 2012 la Regione Lazio e il Comune di Velletri ci avevano assicurato che questa discarica era stata chiusa e messa in sicurezza – dichiara Eugenio Peretti, ristoratore e imprenditore agricolo -. Il nostro blitz a sorpresa, insieme al giornale il Caffè, nel febbraio 2015 all’interno della ex discarica è servito a dimostrare che nessuno aveva ancora mai davvero bonificato questo sito». «Con la delibera di Giunta Comunale n. 70 del 14 aprile 2016 – aggiunge un altro agricoltore, Gino Antonetti – il Comune ha stanziato altri 624mila euro per la manutenzione straordinaria della discarica da ultimare entro 13 mesi». È stato fatto?
SOLDI BUTTATI E RISCHI?
S’interroga Antonio Beccia: «L’assessore Luca Masi ha dichiarato pubblicamente a febbraio scorso che servono altri 300mila euro per il capping, la copertura sigillata. Eppure nel progetto di chiusura definitiva di questa discarica, redatto dal Comune di Velletri ad aprile 2016, c’è scritto che avrebbero eseguito “ispezioni dirette sul capping per individuare eventuali lacerazioni o inidoneità al fine di procedere alla loro sistemazione” e che avrebbero effettuato un “intervento di copertura con movimento terra, fornitura e posa in opera di geomembrana HDPE e geocomposto drenante”. Ma allora i lavori degli ultimi 13 mesi a chi e a cosa sono serviti se la situazione di inquinamento è ancora questa?».