Solo in provincia di Latina il numero degli screening gratuiti è sceso da 1080 a 601 con effetti devastanti sulla prevenzione e sulla diagnosi precoce dei tumori del colon retto. La colpa? In parte della banda degli endoscopi, in parte della burocrazia e in parte degli uffici regionali che, a distanza di 14 mesi dal maxi furto che ha colpito l’ospedale “Santa Maria Goretti” di Latina, ancora non hanno riacquistato i macchinari rubati. Dalla Asl continuano a piovere solleciti, il reparto coordinato dal primario Alessandro Sgrò riesce a stento a svolgere le attività ordinarie e le liste d’attesa sono diventate interminabili. Sì perché da oltre un anno ormai un Dea di II livello (il più importante al livello provinciale), quale di fatto è il nosocomio del capoluogo, può contare su una sola colonna endoscopica prestata dalla casa costruttrice Olympus. Tale è l’affanno del reparto di endoscopia digestiva che la Asl è stata costretta a ridurre le prenotazioni tramite cup di oltre il 30 per cento. Un vero e proprio paradosso se si pensa che, con meno visite e dunque meno ticket pagati, crollano drasticamente anche gli incassi del sistema sanitario. Come accennato, gli effetti più devastanti, tuttavia, sono quelli che riguardano il progetto prevenzione lanciato dalla Regione Lazio che tanti e buoni risultati stava dando anche in provincia di Latina. Se nel 2015 le persone che hanno potuto usufruire dello screening gratuito sono state 1080, nel 2016 sono infatti scese a poco più della metà, 601 per l’esattezza. Evidente come la banda degli endoscopi, entrata in azione il 3 gennaio dello scorso anno, abbia inferto un gravissimo colpo all’intero sistema.
20/04/2017