Nella conferenza stampa del 20 marzo la 21 Luglio, analizzando il piano per la chiusura dei campi di Roma, ha denunciato che mancherebbe il rispetto dei parametri raccomandati dalla Commissione europea sulla materia e l’assenza di finanziamenti certi. Inoltre sarebbe un percorso inefficace perché consentirebbe la «probabile ripresa dei cicli di nuove baraccopoli e occupazioni abusive» e il «rafforzamento di perversi e costosi circuiti assistenziali». Insomma, non solo dannoso per i diritti degli oltre 4500 abitanti dei campi regolari (gli altri 3000 che vivono in insediamenti abusivi non verrebbero considerati) ma anche inutile.
Il cronoprogramma prevederebbe tre tappe: l’espulsione dai campi dei soggetti privi della regolare documentazione, in seguito la “valutazione dei bisogni sociali” e “l’inserimento in strutture intermedie di accoglienza”. Non sarebbe prevista, quindi, l’autonomia degli individui ma il loro affidamento ad altre strutture con ulteriori costi per l’amministrazione pubblica.
Un passaggio-chiave del percorso, secondo la 21 Luglio, riguarda proprio le “strutture intermedie”. «Per avviarne la realizzazione il Comune di Roma ha sbloccato nei giorni scorsi la procedura per realizzare un nuovo “campo” nel Municipio XV (o Municipi limitrofi). Un insediamento che costerà alle casse comunali più di 1,5 milioni di euro e che, per costi e caratteristiche di gestione, assomiglierà molto ai “villaggi attrezzati” voluti dall’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno, dove, a fronte di una presunta temporaneità, la spesa per l’inclusione sociale è quasi nulla e quindi sono azzerate le possibilità di superamento». Sul punto del nuovo campo nomadi a Roma Nord, l’assessore Baldassarre aveva rivelato che «È stato impossibile revocare il bando» perché «avrebbe comportato l’improvvisa privazione di abitazione per le persone in condizioni di fragilità e di forme di protezione sociale. Si precisa che non si tratta di un ulteriore insediamento».
Il secondo “nodo” critico riguarda proprio la presunta discriminazione. La onlus spiega che a beneficiare del piano comunale sarebbero solo i rom residenti e disponibili a un percorso di inclusione sociale e scolastica. Una minima parte sul totale: «Il percorso è fondato sul principio del merito e non del bisogno per cui vedremo avviarsi un pericoloso processo di scrematura del quale beneficeranno non più di 1500 rom. Gli altri 6000 (quelli presenti negli insediamenti formali e informali) resteranno per strada con un evidente moltiplicarsi delle baraccopoli e del ciclo delle occupazioni».
Ben diverso sarebbe il percorso raccomandato dalla Commissione europea, che prevede più opzioni: edilizia sociale in abitazioni ordinarie pubbliche, sostegno all’acquisto di abitazioni ordinarie private, sostegno all’affitto di abitazioni ordinarie private, autocostruzioni accompagnate da progetti di inserimento sociale, affitto di casolari e cascine di proprietà pubblica in disuso.
«Associazione 21 luglio chiede alla Giunta Raggi una rapida marcia indietro e lo fa attraverso tre specifiche richieste: la sospensione di ogni azione così come prevista dal percorso di superamento dei campi rom; la presa di contatto con la Regione Lazio per ripartire, così come previsto dagli schemi di governance riportati nella Strategia, da quanto emerso negli incontri del Tavolo Regionale che nei mesi scorsi hanno visto la partecipazione di comunità rom e associazioni; l’approvazione della Delibera di iniziativa popolare per il superamento dei campi sottoscritta da 6.000 cittadini romani e presentata dalle 9 organizzazioni del comitato Accogliamoci che il 30 marzo prossimo verrà discussa nell’Assemblea capitolina. La delibera, il cui testo era stato fatto proprio anche dall’allora consigliera comunale Virginia Raggi – concludono dalla 21 Luglio – potrebbe rappresentare un punto di svolta ma anche un momento di verità in cui comprendere fino a dove il Comune di Roma vuole realmente spingersi per superare la vergogna delle baraccopoli nelle periferie romane o se tale impegno resta un proposito privo di qualsiasi concretezza».