Un’altra falla rischia di aprirsi nelle casse del Comune di Aprilia. Dopo Acqualatina, anche Telecom ha impugnato al Tar di Latina la delibera consiliare del 23 luglio 2015, con cui sono stati introdotti i cosiddetti canoni non ricognitori per la concessione dei beni demaniali e dei beni indisponibili, in pratica una tassa per l’utilizzo del suolo relativo al passaggio di cavi e tubazioni. Con quel balzello l’ente locale sperava di incassare un milione e 350mila euro, ma il rischio che finisca invece per non avere neppure uno spicciolo dai gestori dei diversi servizi è concreto. Tanto che l’assessore alle finanze, Roberto Mastrofini, ha subito specificato che la giurisprudenza in materia non è chiara e che le entrate previste verranno ora inserite nel fondo crediti di dubbia esigibilità.
La Telecom ha chiesto al Tribunale amministrativo di Latina di annullare la delibera contestata, il relativo regolamento comunale e tutti gli atti collegati, definendoli atti illegittimi e privi di fondamento legislativo. Per i legali del colosso delle telecomunicazioni, introducendo tale tassa, il Comune avrebbe violato le norme nazionali e comunitarie, specificando che non possono essere imposti oneri per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica se non stabiliti per legge. Un ricorso a cui potrebbero seguire quello di Enel Gas-Enel Energia, Eon e Snam.
E un’indicazione in materia da parte del Tar, quello del Lazio, già c’è stata, con la bocciatura a novembre degli stessi canoni introdotti dai Comuni di Ardea e Pomezia. Accogliendo in quell’occasione i ricorsi di Enel e 2I Rete Gas, i giudici avevano infatti specificato che “l’imposizione di un canone non ricognitorio a fronte dell’uso singolare della risorsa stradale è legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico non anche a fronte di tipologie e modalità di utilizzo, quali quelle che conseguono alla posa di cavi e tubi interrati, che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione”. Di più: “È palese che la posa di cavi e tubi interrati non preclude ordinariamente la generale fruizione della strada da parte degli utenti. Ne deriva che illegittimamente il regolamento comunale impugnato ha preteso di giustificare l’imposizione del canone indipendentemente da qualsiasi occupazione esclusiva, senza tener conto che soltanto durante il periodo di effettiva occupazione della sede stradale per la messa in opera dei sottoservizi, quindi limitatamente alla durata dei lavori di interramento della rete, avrebbe potuto pretendere la corresponsione di un canone ai sensi del codice della strada”. Un segnale chiaro per Aprilia.
La Telecom ha chiesto al Tribunale amministrativo di Latina di annullare la delibera contestata, il relativo regolamento comunale e tutti gli atti collegati, definendoli atti illegittimi e privi di fondamento legislativo. Per i legali del colosso delle telecomunicazioni, introducendo tale tassa, il Comune avrebbe violato le norme nazionali e comunitarie, specificando che non possono essere imposti oneri per l’esercizio dei servizi di comunicazione elettronica se non stabiliti per legge. Un ricorso a cui potrebbero seguire quello di Enel Gas-Enel Energia, Eon e Snam.
E un’indicazione in materia da parte del Tar, quello del Lazio, già c’è stata, con la bocciatura a novembre degli stessi canoni introdotti dai Comuni di Ardea e Pomezia. Accogliendo in quell’occasione i ricorsi di Enel e 2I Rete Gas, i giudici avevano infatti specificato che “l’imposizione di un canone non ricognitorio a fronte dell’uso singolare della risorsa stradale è legittima solo se consegue a una limitazione o modulazione della possibilità del suo tipico utilizzo pubblico non anche a fronte di tipologie e modalità di utilizzo, quali quelle che conseguono alla posa di cavi e tubi interrati, che non ne precludono ordinariamente la generale fruizione”. Di più: “È palese che la posa di cavi e tubi interrati non preclude ordinariamente la generale fruizione della strada da parte degli utenti. Ne deriva che illegittimamente il regolamento comunale impugnato ha preteso di giustificare l’imposizione del canone indipendentemente da qualsiasi occupazione esclusiva, senza tener conto che soltanto durante il periodo di effettiva occupazione della sede stradale per la messa in opera dei sottoservizi, quindi limitatamente alla durata dei lavori di interramento della rete, avrebbe potuto pretendere la corresponsione di un canone ai sensi del codice della strada”. Un segnale chiaro per Aprilia.
22/02/2017