Migranti: i Comuni dei Castelli sono pronti a collaborare, ma…
Sono circa 1.200 i richiedenti asilo per i quali la Prefettura di Roma chiede anche ai 17 Comuni dei Castelli (compresi Velletri, Lariano e Ciampino) di collaborare. Nei giorni scorsi si sono completati gli incontri organizzati da Palazzo Valentini per la presentazione del Piano e se i due Comuni commissariati della zona – Grottaferrata e Frascati – hanno già sostanzialmente fatto avere la propria disponibilità di massima ad aderire allo Sprar, le altre Amministrazioni comunali cercano di prendere tempo per quanto Albano e Velletri abbiamo espresso preventivo parere favorevole. “Siamo intenzionati ad aderire alla proposta della Prefettura – dice il commissario straordinario di Frascati Strati – e cercheremo di mettere in piedi un progetto robusto. Bisogna però avere la certezza che l’adesione alla Sprar ( Servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti e rifugiati) eviti l’arrivo di altri Centri di accoglienza straordinaria (Cas)”. A Frascati è infatti già attivo un centro di accoglienza in via Cisternole che ospita 50 migranti. A Grottaferrata l’intenzione è la medesima tanto più che la creazione di un progetto per lo Sprar è intesa come una sorta di “minore dei mali” di fronte alla possibilità che cooperative private possano attivare dei Cas che sfuggono completamente al controllo del Comune. Il sindaco di Velletri Servadio è diretto: “Tre anni fa abbiamo già aderito a questa forma di accoglienza e siamo pronti di nuovo a fare la nostra parte. L’altra volta però poi ci siamo visti arrivare anche un Cas e vorremmo evitare questa evenienza in futuro: Velletri saprà rispondere, ma spero che anche gli altri Comuni facciano il loro dovere”. Più scettica invece la posizione del sindaco di Albano Marini. “Stiamo valutando il da farsi – ammette – anche se l’altra volta aderimmo allo Sprar ma poi nessun soggetto attuatore rispose al nostro bando. Vogliamo capire bene quali sono gli ambiti di manovra”. A Ciampino l’Amministrazione Terzulli scarta la possibilità di veder arrivare altri immigrati: in città è già attivo un Cas che ospita circa 80 persone e, soprattutto, a livello di emergenza sociale il Comune aeroportuale deve fare i conti anche col Campo nomadi della Barbuta. “Chiederemo di non avere ulteriori carichi – dice il sindaco Giovanni Terzulli – e valutiamo di trasformare in Sprar il Cas”. A Marino infine la neo amministrazione di Carlo Colizza valuta la soluzione autarchica. “Credo che il Comune, con la collaborazione della Multiservizi, delle associazioni di mediazione e di altre forze cittadine sia in grado di poter gestire per conto proprio un eventuale Centro di accoglienza. Ci stiamo lavorando”. Caso a parte rappresenta Rocca di Papa, sul cui territorio è presente l’hub di Mondo Migliore che oggi ospita circa 450 richiedenti asilo destinati comunque ad altre strutture. Da valutare, infine, se anche per il 2017 i ministeri dell’Economia e dell’Interno confermeranno il bonus di 500 euro a migrante concesso l’anno scorso per quei Comuni (e ai Castelli ai già citati va aggiunta Rocca Priora che ha un piccolo Cas con 18 ospiti) che sul proprio terreno comunale ospitano Sprar o Cas. Un contributo che in tempi di vacche magre non è trascurabile e che, caso limite, in questi giorni ha portato nelle casse del Comune di Rocca di Papa oltre 200mila euro.
Piano accoglienza, manca poco all’avvio
Poche settimane per decidere e per predisporre i progetti per partecipare al bando che, a quanto si dice, la Prefettura di Roma pubblicherà entro marzo. Entra nella nuova fase operativa il Piano per l’accoglienza degli immigrati predisposto la scorsa estate dal ministero dell’Interno attraverso i decreto del 10 agosto 2016. Da Palazzo Valentini, così come dalle sedi delle Prefetture di tutta Italia sono partiti gli inviti rivolti alle Amministrazioni comunali per l’illustrazione del Piano nella sua interezza: i Comuni, in sostanza, sono chiamati a collaborare col ministero per la gestione dei flussi migratori che l’anno scorso hanno visto arrivare in Italia circa 180mila migranti (stando solo ai dati ufficiali), numero che per il 2017 – in relazione alla forte instabilità di alcune zone del vicino oriente e del nord Africa – è stato incrementato di circa il 10%. Le Prefetture, in sostanza, chiedono ai Comuni di aderire allo Sprar, il Sistema di protezione dei richiedenti asilo e dei migranti, che prevede un “tetto” ai rifugiati che ogni territorio può accogliere e che mettono totalmente nelle mani delle Amministrazioni locali la gestione. Secondo quanto previsto dal decreto ministeriale, dunque, ogni Comune dovrà contribuire all’accoglienza dei migranti in numero di 3,6 richiedenti asilo ogni 1000 residenti. Così, ad esempio, Velletri che è dei Castelli romani è il Comune più grande è chiamato ad accogliere – in caso di adesione allo Sprar – fino a 192 persone e Colonna, il Comune più piccolo, appena 16. Il totale delle persone ospitabili, almeno sulla carta, dovrebbe comprendere anche quei migranti che oggi sono ospiti dei Cara o Cas già presenti sul territorio. Come detto, a gestire queste persone – grazie al Fondo nazionale che coprirà il 95% della spesa (vale a dire i famosi 35 euro al giorno per migrante) e al 5% fornito dai Comuni anche attraverso servizi – dovranno pensare la realtà locali che, attraverso appositi bandi o in maniera diretta (come sembra essere ad esempio il caso di Marino), individueranno soggetti attuatori partner (cooperative, ad esempio) per la gestione. I Comuni che aderiscono allo Sprar, questa è la promessa, usciranno automaticamente dalla lista di quei Comuni sui quali possono essere realizzati i Cas, i Centri di accoglienza straordinaria autorizzati direttamente dalla Prefettura e sui quali gli Enti locali non hanno alcun controllo. Punto fondante, infine, dello Sprar è il concetto di accoglienza integrata: i progetti che i Comuni interessati presenteranno alla Prefettura dovranno comprendere anche una proposta di integrazione dei migranti, anche attraverso opere di pubblica utilità. Non secondaria, la possibilità di creare Sprar diffusi sul territorio comunale e non concentrati in una unica struttura come avviene invece oggi.
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