Di loro, da mesi come da settimane, non si sa più nulla.
Sono stati allontanati dalle strutture che li ospitavano (per non aver rispettato il regolamento o aver creato problemi) e non risultano domiciliati in alcun altro luogo.
Alcuni di loro non avevano nemmeno formulato ufficialmente la richiesta d’asilo e risultano quindi clandestini.
Un dato che mostra tutta la fragilità del sistema d’accoglienza italiano, che tocca anche il capoluogo pontino, quello emerso nella commissione welfare del 10 febbraio scorso, solo accennato dall’assessore ai servizi sociali Patrizia Ciccarelli, con il comune che d’altra parte subisce la prima accoglienza potendo gestire e controllare solo il progetto Sprar, la cosiddetta accoglienza di secondo livello.
LATINA COME PASSAGGIO
Per capire cosa stia accadendo occorre però andare con ordine e partire dalle assegnazioni di richiedenti asilo alle diverse cooperative presenti sul territorio da parte della prefettura. I responsabili dei centri d’accoglienza, da mesi, vengono allertati soprattutto di notte e nei fine settimana, quando anonimi pullman turistici provenienti dalla Sicilia vengono fatti accostare in un parcheggio poco distante da una delle uscite dell’Autostrada di Frosinone. Qui i pullmini delle diverse cooperative scelgono tra i richiedenti asilo quelli loro più congeniali (di solito quelli di etnie visibilmente compatibili con le persone già ospitate) e li portano nelle proprie strutture. I richiedenti asilo (che ancora non sono ufficialmente tali) vengono quindi ospitati dopo essere stati foto segnalati nel luogo dello sbarco, dove sono state catalogate anche le loro impronte digitali. Nel capoluogo inizia un lungo periodo di attesa. Ci vogliono settimane perché gli ospiti riescano a presentare un’ufficiale richiesta d’asilo, che nel 90% dei casi non verrà accettata. Ed è in questo periodo che avvengono le maggiori fughe. Alcuni dei giovani che giungono in Italia (23 anni l’età media degli uomini ospitati nelle strutture pontine, secondo dei dati interni forniteci da tre delle cooperative che operano sul territorio) infatti, vivono il soggiorno nel Bel Paese e soprattutto nel territorio pontino, come un semplice passaggio. Hanno già contatti con rappresentanti delle loro comunità all’estero o in altre grandi città d’Italia i quali, con poco più di 300 euro, riescono a fornirgli anche documenti falsi.
LA CATEGORIA DEI “FANTASMI”
Una parte degli uomini sbarcati, quindi, sceglie volontariamente di rimanere in Italia o in un paese europeo come clandestino. Un buon numero, invece, cerca di raggiungere l’estero sperando di poter richiedere in un altro Paese asilo politico, non sapendo però che le impronte digitali raccolte in Sicilia lo “condanneranno” a ritornare in Italia secondo quanto stabilito dal trattato di Dublino. C’è poi una terza categoria di “fantasmi”. Coloro, a Latina sono poco meno di 50, che negli anni sono stati allontanati dalle strutture per aver commesso reati, o non essere stati considerati idonei a rimanere all’interno dei centri d’accoglienza. Una volta espulsi dalle strutture questi perdono ogni possibilità di essere riammessi in qualsiasi altro centro d’Italia. Spesso non riescono a eleggere un nuovo domicilio e così restano semplicemente in strada, senza peraltro mettersi nella possibilità di essere contattati per essere ascoltati dalla commissione che dovrebbe valutare la loro posizione. Diventano degli invisibili, degli homeless, quando non vengono risucchiati dalla malavita che ne fa piccoli spacciatori o braccianti schiavizzati. D’altra parte il sistema d’accoglienza non vede come necessaria la permanenza nei centri di prima accoglienza come quelli pontini che vengono considerati solo come un’opportunità da sfruttare qualora non si posseggano mezzi di sostentamento.