Ogni qual volta a Bergamo si parla di Giacomo Manzù, lo scultore celebre in tutto il mondo e che ha trascorso gli ultimi trent’anni della sua vita tra Aprilia, dove viveva, e Ardea dove è sepolto, si ripropone la questione dello spostamento delle spoglie del maestro, che riposano nel giardino del museo a lui dedicato, su via Laurentina ad Ardea.
Il 2 novembre il Comune di Bergamo inaugurerà nel famedio del cimitero una lapide commemorativa per Giacomo Manzù, che ha dato lustro alla città. Le sue opere sono conosciute in tutto il mondo ed è stimato forse più all’estero che in Italia. «Ci sembrava doveroso omaggiare questa figura così importante per Bergamo – spiega l’assessore ai Servizi cimiteriali del Comune di Bergamo Giacomo Angeloni – nel 25° anniversario della sua morte. Nel nostro famedio ospitiamo i cittadini che hanno dato lustro alla nostra città e Giacomo Manzù sarà uno di questi. Alla cerimonia del 2 novembre abbiamo invitato anche la vedova, la signora Inge: si è commossa quando le ho telefonato qualche giorno fa, spero vivamente che potrà partecipare».
Nel famedio di Bergamo sono sepolti, tra gli altri, lo stilista Nicola Trussardi e il compositore Pietro Locatelli, mentre la salma del compositore Gaetano Donizetti riposa nella cattedrale della città. Ed è lì che da tempo si vorrebbe trasferire la salma di Giacomo Manzù. «Questa è un’idea non nostra, ma della stessa vedova. Dovete chiedere a lei quali siano le volontà della famiglia. Una cosa è certa: se la signora Inge decidesse di traslare le spoglie nella città natale del marito, a noi farebbe più che piacere e, se la cosa fosse fattibile, accoglieremmo volentieri la proposta. Non so quale sarebbe la procedura da adottare, non so cosa dicono le norme in tal senso».
Insomma, la Giunta guidata dal Sindaco Giorgio Gori è pronta a fare la propria parte; il rettore dell’Università, Remo Morzenti Pellegrini, non aspetta altro che impegnarsi in prima persona in questo progetto; la Fondazione Mia non ha mai fatto mistero di voler ospitare le spoglie di Manzù nella basilica di Santa Maria Maggiore, accanto a quelle di Donizetti; il segretario generale della Fondazione Credito Bergamasco, Angelo Piazzoli, non si tira certo indietro, e lo stesso presidente della Provincia di Bergamo Matteo Rossi – che nel cortile dell’ente di via Tasso espone l’Ulisse di Manzù – ha a cuore l’idea di far tornare il grande bergamasco a “casa”
Sono tre gli ostacoli. Il primo è legato alla famiglia Manzù, che non si è espressa formalmente in tal senso, anche se non sono mancate dichiarazioni pubbliche di delusione su come il ministero dei Beni Culturali gestisce il museo Manzù di Ardea, creato nel 1969 e donato allo Stato nel 1980. C’è poi l’ostacolo delle ultime volontà dello scultore, che aveva espressamente chiesto di essere sepolto accanto alle sue opere ad Ardea. Infine, c’è una volontà politica abbastanza chiara del Comune rutulo: Manzù non si muove da Ardea. Basterà?
Il 2 novembre il Comune di Bergamo inaugurerà nel famedio del cimitero una lapide commemorativa per Giacomo Manzù, che ha dato lustro alla città. Le sue opere sono conosciute in tutto il mondo ed è stimato forse più all’estero che in Italia. «Ci sembrava doveroso omaggiare questa figura così importante per Bergamo – spiega l’assessore ai Servizi cimiteriali del Comune di Bergamo Giacomo Angeloni – nel 25° anniversario della sua morte. Nel nostro famedio ospitiamo i cittadini che hanno dato lustro alla nostra città e Giacomo Manzù sarà uno di questi. Alla cerimonia del 2 novembre abbiamo invitato anche la vedova, la signora Inge: si è commossa quando le ho telefonato qualche giorno fa, spero vivamente che potrà partecipare».
Nel famedio di Bergamo sono sepolti, tra gli altri, lo stilista Nicola Trussardi e il compositore Pietro Locatelli, mentre la salma del compositore Gaetano Donizetti riposa nella cattedrale della città. Ed è lì che da tempo si vorrebbe trasferire la salma di Giacomo Manzù. «Questa è un’idea non nostra, ma della stessa vedova. Dovete chiedere a lei quali siano le volontà della famiglia. Una cosa è certa: se la signora Inge decidesse di traslare le spoglie nella città natale del marito, a noi farebbe più che piacere e, se la cosa fosse fattibile, accoglieremmo volentieri la proposta. Non so quale sarebbe la procedura da adottare, non so cosa dicono le norme in tal senso».
Insomma, la Giunta guidata dal Sindaco Giorgio Gori è pronta a fare la propria parte; il rettore dell’Università, Remo Morzenti Pellegrini, non aspetta altro che impegnarsi in prima persona in questo progetto; la Fondazione Mia non ha mai fatto mistero di voler ospitare le spoglie di Manzù nella basilica di Santa Maria Maggiore, accanto a quelle di Donizetti; il segretario generale della Fondazione Credito Bergamasco, Angelo Piazzoli, non si tira certo indietro, e lo stesso presidente della Provincia di Bergamo Matteo Rossi – che nel cortile dell’ente di via Tasso espone l’Ulisse di Manzù – ha a cuore l’idea di far tornare il grande bergamasco a “casa”
Sono tre gli ostacoli. Il primo è legato alla famiglia Manzù, che non si è espressa formalmente in tal senso, anche se non sono mancate dichiarazioni pubbliche di delusione su come il ministero dei Beni Culturali gestisce il museo Manzù di Ardea, creato nel 1969 e donato allo Stato nel 1980. C’è poi l’ostacolo delle ultime volontà dello scultore, che aveva espressamente chiesto di essere sepolto accanto alle sue opere ad Ardea. Infine, c’è una volontà politica abbastanza chiara del Comune rutulo: Manzù non si muove da Ardea. Basterà?
Le opere di Manzù esposte in tutto il mondo
Undicesimo figlio di una coppia di umili origini, Giacomo Manzù (Bergamo 1907 – Ardea 1991) esplode come scultore negli anni trenta. Nel 1940 ottiene la cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1943 il suo nudo Francesca Blanc vince il premio della Quadriennale di Roma. Finita la guerra torna a insegnare, prima all’Accademia di Brera, fino al 1954, e poi a Salisburgo, fino al 1960. Qui conosce Inge Schabel, dalla quale ha due figli. Nel frattempo lavora alla realizzazione di diverse porte monumentali: la Porta della Morte per la Basilica di San Pietro in Vaticano (1964), e le Porte delle cattedrali di Salisburgo e Rotterdam. Nel 1964 si trasferisce in una villa nei pressi di Ardea e nel 1969 crea il Museo Amici di Manzù, che nel 1979 donerà allo Stato. Del 1989 è la sua ultima grande opera, una scultura in bronzo alta 6 metri posta di fronte alla sede dell’ONU a New York.
Undicesimo figlio di una coppia di umili origini, Giacomo Manzù (Bergamo 1907 – Ardea 1991) esplode come scultore negli anni trenta. Nel 1940 ottiene la cattedra di scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 1943 il suo nudo Francesca Blanc vince il premio della Quadriennale di Roma. Finita la guerra torna a insegnare, prima all’Accademia di Brera, fino al 1954, e poi a Salisburgo, fino al 1960. Qui conosce Inge Schabel, dalla quale ha due figli. Nel frattempo lavora alla realizzazione di diverse porte monumentali: la Porta della Morte per la Basilica di San Pietro in Vaticano (1964), e le Porte delle cattedrali di Salisburgo e Rotterdam. Nel 1964 si trasferisce in una villa nei pressi di Ardea e nel 1969 crea il Museo Amici di Manzù, che nel 1979 donerà allo Stato. Del 1989 è la sua ultima grande opera, una scultura in bronzo alta 6 metri posta di fronte alla sede dell’ONU a New York.
20/10/2016