Il nome di Ruggiero era stato inserito nella lista dei 100 latitanti più pericolosi d’Italia; il suo soprannome negli ambienti criminali era “Ceppo’e funge”.
Secondo quanto si è appreso, la villetta di Santa Palomba in cui sono stati sorpresi dai carabinieri era il loro rifugio da qualche mese, dato che in questi 5 anni di latitanza hanno cambiato spesso residenza e in diversi luoghi d’Italia; Pomezia, però, e in particolare l’area in cui insiste il covo era già stata teatro qualche tempo fa del sequestro di un grande quantitativo di droga importata dai Polverino per approvvigionare le piazze di spaccio della cosca. Ruggiero e Nappi non avevano armi e i documenti di cui erano in possesso erano falsificati.
Le indagini proseguono per comprendere di chi fossero le identità fittizie da loro usate e anche sui proprietari e gli affittuari della villetta.
Carlo Nappi, secondo il collaboratore di giustizia Domenico Verde, è anche stato killer e sarebbe riuscito riuscito ad ottenere la certificazione di infermità mentale fingendo crisi di pazzia. Nappi era noto per preparare vere e proprie “trappole” da sistemare nei luoghi ove si rifugia in Italia per evitare che egli sia catturato. I carabinieri ieri mattina sono stati bravi ad evitarle.
Giuseppe Ruggiero gestiva invece gli affari della famiglia Polverino. Tutti coloro che volevano costruire, pubblici e privati, dovevano rivolgersi a loro, nel senso che dovevano prendere da loro sia il calcestruzzo, sia la mano d’opera. Se non l’avessero fatto, sarebbero stati oggetto di ritorsioni di ogni tipo.
Tra i ricercati del clan resta lo zio del boss Giuseppe Polverino, il 73enne Antonio Polverino, detto zio Totonno: l’uomo è stato condannato a 24 anni di carcere, ma è introvabile.
Per congratularsi dell’operazione, portata a termine dai Nuclei investigativi dei Carabinieri di Napoli e Roma, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, il ministro Alfano ha chiamato personalmente il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Tullio Del Sette.