UN PAESE QUASI PERFETTO è una commedia brillante sulla voglia di restare (ma anche di cambiare) e sull’unione che, quasi sempre, fa la forza.
“Una volta c’era il lavoro…”, recita la voce fuori campo di Silvio Orlando all’inizio del film. Basta invertire l’ordine delle parole (“il lavoro c’era, una volta…”) per capire che quella che si racconta è una favola che, per una volta, non vede protagonista un re o una principessa, ma l’assenza di un impiego che ha umiliato e depauperato di giovani un’intera Nazione: quel Paese imperfetto in cui (soprav)viviamo.
Il Regista, Sceneggiatore, Attore, Massimo Gaudioso torna dietro la cinepresa, dopo Il caricatore (1996) e La vita è una sola (1999), per raccontare la storia degli abitanti di un piccolo paese immaginario, Pietramezzana (in realtà la fusione di due luoghi esistenti Pietrapertosa e Castelmezzano, nel cuore della Basilicata), che cercano di risollevare le sorti del loro borgo. Gaudioso è uno dei nostri sceneggiatori più brillanti, scrittore di prodotti variegati: da quelli autoriali come Gomorra, Reality e tutti gli altri film di Matteo Garrone, sino a film diretti al grande pubblico, come il campione d’incassi Benvenuti al Sud, a cui questo film rischia di assomigliare.
Pietramezzana, gioiello nello scrigno delle cosiddette “Dolomiti lucane” rischia di scomparire. I giovani lo hanno abbandonato e i pochi abitanti rimasti, per lo più ex minatori, vivono con una cassa integrazione che minaccia di trasformarsi presto in disoccupazione permanente. Verrebbe voglia di arrendersi. Tre Amici: l’ex minatore Domenico (Silvio Orlando), il direttore dell’unica banca presente in paese, Nicola (Carlo Buccirosso) e Michele (Nando Paone) intravedono nell’apertura di una nuova fabbrica la soluzione a tutti i loro guai e si attivano affinché il progetto vada a buon fine. Oltre al reperimento di una cifra consistente da parte della banca locale diretta da Nicola, si richiede la presenza di un medico in loco, figura che a Pietramezzana manca da tempo. Per fortuna passa di lì Gianluca Terragni (Fabio Volo), un rampante chirurgo estetico milanese, fanatico del wi-fi, del sushi, del cricket e della musica jazz, che deve scontare un’infrazione. Quale punizione migliore che costringerlo a praticare in paese per un mese, potendo così mostrare la sua presenza agli investitori della fabbrica? Occorre però convincerlo a restare e, per farlo, gli abitanti allestiscono una vera e propria commedia itinerante, cercando di coinvolgere anche la bella barista Anna (l’ex-Miss Italia Miriam Leone)…
In UN PAESE QUASI PERFETTO, il tono della commedia insegue la stessa leggerezza del film canadese “La grande seduzione” (2003), di Jean-François Pouliot, di cui questo film è il remake. Incastonato tra le rocce e formato da tante stradine che, come piccole vene, ramificano la pianta del paese, Pietramezzana palpita di persone autentiche che commettono il falso perché bisognose di ritrovare quella dignità che la miniera si è portata via con la sua chiusura. Un teatro allestito con lo scopo di sopravvivere, sostenuto con bonaria efficacia da adulti che si apprestano a ricreare, per il dottor Terragni, il luogo dei suoi sogni. E così tutti sono amanti del cricket, il sushi diventa la specialità della taverna e, come se la fortuna fosse stata ingaggiata per l’intero mese, cinque euro sono sempre pronti ad aspettare sotto le ruote della bicicletta.
Nel film l’attaccamento alla propria terra è palpabile e la voglia di rimanere legati alle proprie radici è intensa e sentita. La riscoperta di territori che, nel loro piccolo, sanno donare tanto all’esistenza, riaccende di nuova luce la vita del paese, non più visto come soffocante ed oppressivo, ma spazio ideale da amare per la sua intrinseca natura. Il Film fa venire voglia di rivisitare i luoghi da dove si è venuti e dedicare ad essi un piccolo sorriso, come quello di chi è orgoglioso della propria terra.