Che sia medico cardiologo lo sanno più o meno tutti, come moltissimi sono a conoscenza dei suoi trascorsi calcistici alla testa del Latina, protagonista e capitano di un’indimenticata promozione in C1 dei nerazzurri, anno 1982/83. I suoi successi politici sono poi storia recentissima e anche questa è abbastanza nota ai più. Il Caffè ha provato ad indagare più a fondo nella vita di Damiano piuttosto che di Coletta; ovvero di come vivesse quel ragazzino che, più o meno quattro decenni fa, si aggirava quindicenne per le strade di una Latina anni ’70. «Quella città che dietro lo stadio era già finita – sorride il primo cittadino -, senza centri commerciali e che la domenica d’inverno, dopo le 18, era praticamente deserta. So bene di cosa parla – ricorda Coletta -: sono nato ai palazzi INCIS vicino al mercato coperto, cuore di Latina. A fianco della scuola di Piazza Dante, tutti luoghi simbolo del nostro centro storico». Il padre direttore di Ragioneria in Prefettura, la mamma maestra elementare «che andava ad insegnare nei borghi in bicicletta» – ricorda il Sindaco -, il piccolo Damiano si sbucciava le ginocchia sui marciapiedi di viale Mazzini, col pallone già chiodo fisso. «Più grandicello, non frequentavo “giri” particolari, ho iniziato presto col calcio a livelli seri e facevo una vita da atleta – tiene a sottolineare Coletta -. Nell’adolescenza ci siamo trasferiti dalle parti del Coni, vicino l’Ospedale, le mie amicizie erano tra il calcio e i ragazzi attorno casa. Andare in piazza in motorino era già tanta roba, e un giretto alla Standa era il top della modernità. Era una Latina semplice, sana, dove se non ti conoscevi di persona avevi senz’altro un amico in comune, con chiunque». Dopo la maturità classica e la serie C conquistata col Latina, proprio il calcio lo porta qualche anno in giro per l’Italia; Giulianova, Andria, Pescara. Il picco della carriera la tocca proprio in riva all’Adriatico, dove ha conosciuto la serie B. «Nel frattempo mi sono sposato con Silvia ed è nato nostro figlio Emiliano, oggi anche lui medico. Sono rientrato a Latina e siccome mi piacciono le sfide, ho preso la laurea». In che senso? «Mio suocero non credeva che – facendo il calciatore a certi livelli – avessi avuto tempo e voglia di concludere gli studi universitari. Punto sull’orgoglio, l’ho smentito e gli sono grato di avermi fornito uno stimolo in più». Poi l’ospedale e l’inizio di una nuova vita, quella col camice bianco. Nel frattempo l’amore per il pallone non si è spento: nel 2007 fu lui a stimolare la città per la rinascita del Latina Calcio. «Si era chiusa l’era Sciarretta, con la cancellazione da tutti i campionati: il momento più basso per il football cittadino. Provammo a scuotere gli animi, con quel convegno del 27 aprile, in parte ci siamo riusciti». Anche se – lo interrompiamo – lei presto si dileguò… «Emergevano progressivamente certe persone – ribatte asciutto il Sindaco -: io non vedevo di buon occhio alcuni che cominciavano ad orbitare attorno alla società, ho preferito scendere dal carro». Tornando alla sua adolescenza, nostalgia della Latina anni ’70? «Premesso che è naturale averne, eravamo tutti giovani – racconta con tenerezza Coletta -, direi comunque di sì. Ricordo una Latina piena di speranze, viva, che trasmetteva un senso di comunità. Dopo il boom demografico degli anni ‘80/’90 e una gestione amministrativa che ha allontanato sempre più le persone del Palazzo e tra loro questo sentimento era andato progressivamente scemando sino a perdersi del tutto. Se guardo la mia città degli ultimi anni, vedo una massa di gente impegnata uno contro l’altro o che al massimo si ignora, se ne sta per i fatti propri. Ecco, se potessi pescare qualcosa da allora e portarlo ad oggi vorrei ricreare proprio il senso di comunità che si respirava. È la scommessa di Latina Bene Comune, è il motivo per cui mi sono candidato a fare il Sindaco».
29/06/2016