L’impresa a cui due anni fa il Comune di Nettuno ha affidato l’appalto per la raccolta rifiuti è a rischio mafia. L’interdittiva emessa dalla Prefettura di Roma nei confronti della Ipi è valida e corretta è stata a quel punto da parte dell’ente locale del Tridente la scelta di risolvere il contratto. A stabilirlo, ribaltando la decisione del Tar, è stato il Consiglio di Stato.
Nell’estate 2014 il Comune di Nettuno assegnò la gara per la gestione dell’igiene urbana alla Imprese pulizie industriali srl, del gruppo Deodati. Sempre in quel periodo, però, nei confronti della società la Prefettura di Roma emise un’interdittiva antimafia, conseguenza di quella emessa a Caserta nei confronti della Alb.Paci. Quest’ultima società e la Ipi avevano infatti dato vita in Campania alla società consortile Caserta Ambiente, detenendone rispettivamente il 40% e il 60% delle quote. Per la Prefettura capitolina, a quel punto, se era da considerare permeabile alle organizzazioni mafiose la società Alb.Paci. allo stesso modo lo era l’azienda con cui era in società. Quel provvedimento portò alla risoluzione del contratto da parte del Comune di Nettuno. Ipi fece ricorso, ottenendo un anno fa dal Tar del Lazio l’annullamento dell’interdittiva, visto che era stata annullata sempre dal Tar quella nei confronti della Alb.Paci., e salvando l’affare. La Prefettura ha però fatto appello e, visto che il Consiglio di Stato ha cassato la sentenza del Tar sulla società campana, ridando così valore all’interdittiva nei confronti di tale società, lo stesso ha fatto Palazzo Spada con la Ipi. Per i giudici quest’ultima è da ritenere permeabile appunto alle mafie come la Alb.Paci. in quanto in caso contrario non sarebbe stata scelta come partner nella Caserta Ambiente. Una scelta che si fa “per condivisione degli interessi inquinati e illeciti già ravvisati nella gestione della prima”. La Ipi si trova così gravata dall’interdittiva antimafia, senza appalto e con cinquemila euro di spese legali da risarcire al Ministero dell’Interno.