Con l’esame di due soli testimoni della pubblica accusa si è conclusa la prima udienza dibattimentale del processo per la nomina di Faraone a direttore generale del Comune di Nettuno, secondo gli inquirenti un abuso d’ufficio a tutto danno delle casse pubbliche e l’episodio da cui presero il via una serie di indagini sull’amministrazione Chiavetta che molto hanno contribuito al crollo anticipato della giunta, con il conseguente sfaldamento del Pd. Davanti al Tribunale di Velletri sono sfilati il comandante della Guardia di finanza che portò avanti gli accertamenti, il maresciallo Lelli, e l’ex segretaria generale Costanza Staiano che, rispondendo tra l’altro alle domande dell’avvocato Cristiano Montemagno, ha sostenuto che secondo lei a Nettuno serviva un direttore generale.
Il 29 dicembre 2009, su proposta dell’allora sindaco Alessio Chiavetta, la giunta comunale approvò la nomina del dirigente Gianluca Faraone a direttore generale e il successivo 1 gennaio entrò in vigore la legge finanziaria che, nell’ambito del contenimento della spesa pubblica, vietò ai Comuni con meno di centomila abitanti di avere una tale figura. Il contratto venne poi approvato il 25 gennaio e l’ente si impegnò a pagare a Faraone 121mila euro l’anno fino alla fine del mandato di Chiavetta. Le Fiamme gialle di Nettuno scoprirono che il neo direttore generale, come dirigente, aveva anche dato l’ok sulla regolarità tecnica e contabile della sua promozione. Imputati per tale vicenda Chiavetta, gli ex assessori Roberto Andolfi, Roberto Bianchi, Flavio Biondi, Domenico Cianfriglia, Giuseppe Combi, Carlo Conte, Giampiero Pedace, Luigi Vissalli e Benedetto Sajeva, mentre, per l’ennesimo problema di carattere procedurale, è stata stralciata la posizione di Faraone. A metà luglio verranno ascoltati i testimoni delle difese e a metà novembre discussione e sentenza.