Ranieri, condannato in primo grado all’ergastolo, si è visto ridurre in appello la pena a 30 anni di reclusione e la Suprema Corte, annullando per lui l’aggravante della premeditazione, ha ora stabilito che la Corte d’Assise d’Appello di Roma gli faccia un ulteriore sconto. Sempre gli ermellini hanno poi respinto i ricorsi e confermato le sentenza di condanna di Montagner a 18 anni di reclusione e di Baglione, per cui in appello era caduta l’accusa di omicidio, a 5 anni e 4 mesi di reclusione.
Polcino, che aveva conosciuto in carcere Ranieri, aveva ottenuto dal calabrese un prestito di seimila euro che non era riuscito a saldare, scontandolo così con l’affitto al 35enne di un casolare a Lanuvio. Quando l’apriliano iniziò a cercare di tornare in possesso di quella casa entrò però in rotta di collisione con Ranieri. Pochi giorni dopo la scoperta del cadavere fu Baglione a presentarsi ai carabinieri di Albano, dicendo che a uccidere il 52enne era stato il calabrese, che lo aveva coinvolto in quello che doveva essere il furto di un escavatore e poi, dopo il fatto, richiamandolo nel fondo agricolo di Falcognana, nell’occultamento del cadavere. Un’azione compiuta insieme a un giovane di cui non sapeva il nome, che i militari poi identificarono in Montagner, che custodiva al Villaggio Ardeatino anche fucili e pistole clandestine, comprese quelle usate per il delitto, al 35enne. Ranieri confessò, sostenendo però che Polcino era diventato sempre più pressante, che lo aveva visto importunare la figlia piccola e che voleva farlo arrestare per spaccio, ma poi ritrattò, dicendo di aver parlato solo perché minacciato. Montagner, invece, ha sempre negato. Le prove raccolte hanno alla fine incastrato i tre e le condanne ora sono definitive.