SCHIAVI DELLA PUBBLICITÀ
«È la pubblicità a dettare i contenuti informativi delle riviste femminili, ma anche maschili». Lo raccontò 20 anni in un’audizione all’Ordine dei giornalisti della Lombardia Mirella Pallotti, affermatissima direttrice di vari famosi magazine italiani per donne. «I giornalisti, invece che aguzzare l’ingegno, esprimere la propria personalità e trasmetterla nelle pagine dei giornali e pensare alla lettrice alla quale si rivolgono, mettono il cervello nel cassetto. Non possono scegliere cosa fotografare, non possono scegliere pressoché nulla e quindi si disabituano a fare i giornalisti […] D’altra parte io vi sfido a trovare un solo articolo critico sul Corriere della Sera durante qualunque tipo di annata, di sfilata che volete consultare, io vi sfido a trovarne uno critico». Per non essersi voluta adeguare, la Pallotti racconta che fu licenziata. Quante inchieste giornalistiche o almeno notizie scomode vengono offerte da Tg, riviste e quotidiani sulla moda o su quel che c’è dietro il business delle acque minerali, su certe bevande gassate, sui telefonini o sui carburanti? Questi sono settori che investono cifre astronomiche in pubblicità sui mass media…
GIORNALISTI ITALIANI ACCONDISCENDENTI
La ricerca internazionale MediaAct mostra i giornalisti italiani come i più pressati dalle lobby politico-affaristiche. Ma d’altro canto – afferma la stessa ricerca – risultano anche i più refrattari a seguire princìpi e regole deontologiche, che pure il settore offre in modo copioso nel nostro Paese per fare un buon giornalismo, rispettoso e indipendente. «Sono quelli più pronti ad assecondare la propria organizzazione e la linea editoriale del media per cui lavorano», sottolinea il Prof Sergio Splendore, che ha curato l’indagine per l’Italia. «I ‘mezzi’ spesso sono divenuti non veicoli, ma meri contenitori di pubblicità. I giornalisti sono diventati per lo più un disturbo, un vincolo, una minaccia, se autonomi; servi, megafoni, a volte sicari se ‘coerenti col progetto’ aziendale». Lo affermava Enrico Finzi, direttore di AstraRicerche, presentando nel 2008 uno studio sulla fiducia nei giornalisti che fece scalpore: per 68 intervistati su 100 i giornalisti sono bugiardi.
SPARGITORI DI ANSIA
Per non parlare della valanga di cronaca nera o l’ossessione della sicurezza. Gli esperti le chiamano notizie ansiogene. Secondo una ricerca dell’Osservatorio di Pavia 6 notizie su 10 nei Tg Rai riguardano omicidi, rapine, truffe, rapine, ecc. Come mai? «Nel secondo semestre del 2007 – ha spiegato Paola Barretta dell’Osservatorio di Pavia -, con il picco di notizie sull’emergenza criminalità, eravamo in prossimità delle elezioni politiche del 2008, lì si cavalcarono i casi dell’omicidio Reggiani, l’emergenza rom e i reati degli immigrati». Anni fa, ma sembra oggi. Sappiamo cosa vuol dire fare questo mestiere fuori da compromessi, non accettando regali, sussidi pubblici o altri ‘favori’. Conosciamo l’odore fetido delle pressioni politiche, le minacce più o meno velate dei lobbisti, l’uso della querela per metterti paura e tapparti la bocca quando cerchi di fare come si deve questo mestiere. E sappiamo bene che i giornalisti seri nel nostro Paese ci sono e meritano stima. Ma almeno la metà delle persone non si fida dei media. Sarà mica colpa dei soliti immigrati?
Nel 2008, uno studio dell’AstraRicerche commissionato dall’ordine dei giornalisti della Lombardia registrò che il 68% degli italiani definiva i giornalisti “bugiardi” e il 60% “non o poco informati”. E ancora: “di parte” per il 48% degli intervistati o addirittura “corrotti” (40%).