Fondamentalmente la gente non si fida di loro, anzi di noi, considerati assai spesso pennivendoli, venduti, menzogneri, leccapiedi, nella migliore delle ipotesi disattenti e superficiali. E, purtroppo, spesso a ragione.
RICERCHE TERRIBILI
Stavolta a dirlo sono un paio di recentissime ricerche: il Trust Barometer, l’indagine sulla fiducia condotta dalla Edelman, la più grande società di relazioni pubbliche del mondo, e la MediAct (Media Accountability and Trasparency) sull’affidabilità e trasparenza dei mezzi di comunicazione. La prima ha analizzato la situazione in 27 Paesi analizzati tra Europa (Italia compresa), Asia, Sud America ed Usa. Mediamente, una persona su due non si fida dei media (il 53%).
Tra gli italiani, va detto che la fiducia nei media tradizionali è salita di 7 punti, dal 43% del 2015 al 50% di quest’anno, comunque peggio della media globale (58%). A ben guardare, poi, la fiducia nei giornalisti italiani è ancora più bassa, almeno secondo un recente studio del prestigioso Reuters Institute for the Study of Journalism: reputa affidabili le notizie solo il 35% degli italiani!
PREFERITO IL WEB
Quale dei due dati si voglia scegliere, comunque una pessima realtà. Tanto più se pensiamo che in Italia si paga il canone obbligatorio per la televisione di Stato le Tv e un’enorme quantità di sussidi pubblici a giornali, radio e tv locali in nome del pluralismo e indipendenza dell’informazione, della democrazia, della cultura ed altri nobili princìpi. Il Trust Barometer (barometro della fiducia) mostra che Google e altri motori di ricerca sono oggi la fonte d’informazione preferita. Il 78% degli intervistati da Edelman dà più credito alle notizie condivise on line da amici e conoscenti, contro il 45% di affidabilità riconosciuta ai giornalisti, e il 65% agli esperti.
Un pessimo smacco, se consideriamo che internet, notoriamente, è anche un veicolo di bufale.
SOTTO POLITICI E LOBBY
“Il giornalismo italiano è politico-dipendente”. È una delle conclusioni della ricerca internazionale MediaAct. «C’è una caratteristica tipica del giornalismo italiano che è riconosciuta nella letteratura scientifica internazionale, dagli stessi giornalisti e dai discorsi quotidiani, quella che riguarda l’influenza politica sul giornalismo», spiega il professor Sergio Splendore dell’Università di Milano, che ha curato la ricerca per l’Italia. In pratica, 8 giornalisti italiani su 10 dicono di percepire pressioni politiche. Siamo il Paese europeo in cui questo fenomeno è il più consistente. Le pressioni politiche sono più forti della pubblicità in Italia che negli altri 13 Paesi osservati (Austria, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Giordania, Polonia, Regno Unito, Spagna, Svizzera, Olanda e Tunisia). Non a caso siamo il Paese con il maggior bombardamento politico nei Tg. Come spiega Paola Barretta, ricercatrice dell’Osservatorio di Pavia, «i telegiornali italiani dedicano costantemente un ampio spazio alla politica, tra il 20 e il 25%. Ogni giorno ne parlano anche se la notizia in realtà non c’è». Il dramma è poi che i politici, sono sempre più espressione delle lobby economico-finanziarie nelle istituzioni. Non c’è un potere economico da una parte e quello politico dall’altra, ma un’unica filiera che porta avanti gli stessi interessi in ruoli diversi. E i giornalisti da cani da guardia si trasformano in cagnolini da compagnia. E la gente lo fiuta.
Lo Stato eroga sovvenzioni (che il Caffè non ha mai preso) a giornali e riviste, in nome della democrazia, del pluralismo, della cultura. Un fiume di denaro incalcolabile nel suo esatto ammontare, troppo spesso spartito secondo logiche politco-affaristiche e con risultati anti-democratici. Noi abbiamo spulciato i dati – quelli resi pubblici – del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri: 1,4 miliardi di euro alla carta stampata dal 2004 al 2014. Ma solo come contributi diretti. Ai quali ne vanno aggiunti tanti altri. Noi abbiamo scovati altri 584 miliardi di vecchie lire dal 1992 al 1995 (rivalutati al 2016 fanno circa 485 milioni e 650mila euro), come elenca un vecchio resoconto mezzo imboscato del Gruppo di Lavoro della stessa Presidenza del Consiglio. Su altri enormi sussidi prevale l’omertà istituzionale. C’è poi il “canone” occulto pagato alle tv locali (comprese quelle con maghi e stregoni vari, televendite, pornografia), erogato annualmente dallo Stato attraverso le Regioni: dal 1999 al 2013, la cifra totale (rivalutata ad oggi) ammonta a un miliardo e 254mila euro. E così la politica può capillarmente intervenire al livello anche locale.