Giro di vite del Comune sull’assistenza domiciliare: dopo anni di attesa aumentano finalmente i controlli su chi ha accesso al servizio, anche se non mancano i ma. Diverse famiglie hanno ricevuto in queste settimane degli avvisi in cui viene richiesto di contribuire alla spesa per le prestazioni di cui si è usufruito nell’anno 2015, nonostante il nuovo regolamento sia stato approvato solo nel giugno dello stesso anno. Si tratta dunque di una richiesta retroattiva che potrebbe causare gravi difficoltà alle famiglie che, non preventivamente avvisate di dover pagare, hanno beneficiato del servizio.
Nel territorio del comune di Pomezia ci sono decine e decine di disabili che non riescono ad accedere all’assistenza domiciliare, oppure usufruiscono di un numero limitato di ore a fronte di patologie spesso gravi e fortemente limitative. I motivi di questa scarsa disponibilità sono dovuti sia alla forte richiesta, sia al numero ristretto di assistenti domiciliari. Bisogna considerare che questo servizio è stato gratuito per molti anni anche per molte persone con patologie meno gravi o che godono di un reddito superiore rispetto alla media. Come si è mosso il Comune? In primo luogo è stata introdotta la presentazione dell’ISEE per dividere gli utenti in fasce di reddito (era ora), è stato calcolato il costo di ogni ora di assistenza (18,25 euro) e, come dicevamo, dal 2015, tutti gli utenti dovranno partecipare alla spesa in base al proprio reddito. Tutto perfetto: chi ha un reddito molto alto pagherebbe l’intera somma, chi lo ha più basso parteciperebbe solo in misura ridotta: il modo migliore per sfoltire un po’ la lunga lista di utenti. E qui iniziano i “ma”.
L’articolo 20 del vigente “Regolamento comunale per la realizzazione di interventi e prestazioni nel campo sociale Distretto RM/H4” stabilisce che “l’utente partecipa al costo del servizio di assistenza domiciliare in base alla propria capacità economica, valutata con riferimento all’ISEE del proprio nucleo familiare, Secondo un criterio proporzionale”. Tale regolamento, però, è stato approvato con una delibera del 30 giugno 2015 e successivamente decine di utenti si sono visti recapitare missive con le quali si chiedeva di partecipare alla spesa per l’intero anno 2015. Una richiesta che prevede dunque una retroattività a discapito degli utenti, non avvisati preventivamente della possibilità di dover contribuire economicamente a un servizio che, almeno per le fasce basse, finora è stato gratuito. Infatti lo stesso articolo prevede che, in caso di reddito molto basso, gli utenti debbano comunque contribuire versando il 10% del costo della prestazione. Dunque anche chi ha un reddito minimo non sarà esentato dall’obbligo di pagare per un servizio che, a inizio anno, era gratuito. Va detto, comunque, che sono esentate dal pagamento le famiglie con un ISEE inferiore alla soglia minima (o “minimo vitale”).
Partecipare anche solo col 10% della quota a un servizio spesso essenziale per gli anziani, i disabili e le loro famiglie sembra una scelta ragionevole. Ciò che lascia perplessi sono le modalità con le quali questo cambiamento è stato messo in atto.
Nel territorio del comune di Pomezia ci sono decine e decine di disabili che non riescono ad accedere all’assistenza domiciliare, oppure usufruiscono di un numero limitato di ore a fronte di patologie spesso gravi e fortemente limitative. I motivi di questa scarsa disponibilità sono dovuti sia alla forte richiesta, sia al numero ristretto di assistenti domiciliari. Bisogna considerare che questo servizio è stato gratuito per molti anni anche per molte persone con patologie meno gravi o che godono di un reddito superiore rispetto alla media. Come si è mosso il Comune? In primo luogo è stata introdotta la presentazione dell’ISEE per dividere gli utenti in fasce di reddito (era ora), è stato calcolato il costo di ogni ora di assistenza (18,25 euro) e, come dicevamo, dal 2015, tutti gli utenti dovranno partecipare alla spesa in base al proprio reddito. Tutto perfetto: chi ha un reddito molto alto pagherebbe l’intera somma, chi lo ha più basso parteciperebbe solo in misura ridotta: il modo migliore per sfoltire un po’ la lunga lista di utenti. E qui iniziano i “ma”.
L’articolo 20 del vigente “Regolamento comunale per la realizzazione di interventi e prestazioni nel campo sociale Distretto RM/H4” stabilisce che “l’utente partecipa al costo del servizio di assistenza domiciliare in base alla propria capacità economica, valutata con riferimento all’ISEE del proprio nucleo familiare, Secondo un criterio proporzionale”. Tale regolamento, però, è stato approvato con una delibera del 30 giugno 2015 e successivamente decine di utenti si sono visti recapitare missive con le quali si chiedeva di partecipare alla spesa per l’intero anno 2015. Una richiesta che prevede dunque una retroattività a discapito degli utenti, non avvisati preventivamente della possibilità di dover contribuire economicamente a un servizio che, almeno per le fasce basse, finora è stato gratuito. Infatti lo stesso articolo prevede che, in caso di reddito molto basso, gli utenti debbano comunque contribuire versando il 10% del costo della prestazione. Dunque anche chi ha un reddito minimo non sarà esentato dall’obbligo di pagare per un servizio che, a inizio anno, era gratuito. Va detto, comunque, che sono esentate dal pagamento le famiglie con un ISEE inferiore alla soglia minima (o “minimo vitale”).
Partecipare anche solo col 10% della quota a un servizio spesso essenziale per gli anziani, i disabili e le loro famiglie sembra una scelta ragionevole. Ciò che lascia perplessi sono le modalità con le quali questo cambiamento è stato messo in atto.
DIFFICILE OTTENERE SPIEGAZIONI
Come specificato nella lettera ricevuta dagli utenti, anche noi abbiamo cercato di metterci in contatto con la funzionaria, la Dr.ssa Chianchiano Micaela, per avere ulteriori chiarimenti in merito alla faccenda. Purtroppo ci sono state alcune difficoltà, a partire dal numero indicato nella lettera che rimanda all’anagrafe e non all’ufficio della funzionaria. Abbiamo dovuto perciò procurarci il numero esatto (0691146210), ma chiamando ripetutamente durante gli orari indicati non siamo riusciti comunque a metterci in contatto con lei. Siamo a disposizione del Comune per qualsiasi chiarimento riterrà di fornirci.
Come specificato nella lettera ricevuta dagli utenti, anche noi abbiamo cercato di metterci in contatto con la funzionaria, la Dr.ssa Chianchiano Micaela, per avere ulteriori chiarimenti in merito alla faccenda. Purtroppo ci sono state alcune difficoltà, a partire dal numero indicato nella lettera che rimanda all’anagrafe e non all’ufficio della funzionaria. Abbiamo dovuto perciò procurarci il numero esatto (0691146210), ma chiamando ripetutamente durante gli orari indicati non siamo riusciti comunque a metterci in contatto con lei. Siamo a disposizione del Comune per qualsiasi chiarimento riterrà di fornirci.
20/04/2016