GOVERNO FOSSILE
Come riuscirà il governo nazionale a rispettare questo ulteriore ma modesto impegno è tutto da vedere, vista la politica adottata negli ultimi anni soprattutto sul fronte delle fonti rinnovabili: fonti che di fatto sono state costrette (unico caso in Europa) alla retromarcia. Questo arretramento è stato confermato nelle settimane scorse dal Gestore del Mercato Elettrico italiano (GME): a dicembre 2015 la vendita di energia elettrica da fonti rinnovabili a livello nazionale è scesa del 5,1% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, mentre quella prodotta con le centrali a metano “turbogas” è salita del 6,3%. La politica nazionale a favore delle lobby del settore, le stesse che hanno incassato miliardi di incentivi (CIP6, certificati verdi, ecc. con le false rinnovabili) è stata poi confermata recentemente con le politiche a favore di nuovi inceneritori per bruciare i rifiuti, tipo quello che Acea, Ama e Cerroni volevano fare ad Albano, e dalle autorizzazioni alle trivellazioni petrolifere su terra ferma e a ridosso delle nostre coste (vedi riquadro a destra).
NUOVO PIANO ENERGETICO DEL LAZIO: FUFFA
In questo contesto fatto di tanto fumo e poca sostanza, si è distinta ancora una volta la nostra Regione. Proprio alla fine dello scorso dicembre, “a seguito della fase di consultazione con gli stakeholder” (portatori di interessi), la Giunta presieduta da Nicola Zingaretti ha approvato un aggiornamento del Piano Energetico Regionale, che non dà alcun programma serio per raggiungere gli obiettivi europei. Con la delibera n. 768 del 29 dicembre 2015 la Regione ha confermato in pieno quanto documentato da il Caffè: il Lazio è al penultimo posto tra le Regioni italiane (dietro c’è solo la Liguria) nella classifica della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Tale aggiornamento tra l’altro è stato redatto con dati del 2011, presi dal rapporto TERNA 2012, che risultano ormai sorpassati, visto che nei due anni successivi c’è stato il boom del fotovoltaico in tutta Italia.
Di fatto però la situazione complessiva non è cambiata: nel 2011 eravamo fermi al 9,4% mentre la media nazionale di produzione da fonti pulite era del 23%. Dunque, si tratta non solo di una brutta classifica, ma anche del clamoroso riscontro delle scelte sbagliate compiute in passato. Scelte nelle quali le varie amministrazioni regionali si sono distinte a prescindere dal colore politico al governo: vedi l’alimentazione a olio combustibile e a gas della centrale di Montalto di Castro (3.600 Mwh – la centrale più grande d’Italia di fatto inutilizzata), la conversione a carbone della centrale Torrevaldaliga di Civitavecchia (RM) e l’imposizione per mezzo delle forze armate della centrale turbogas di Aprilia.
Nella sua delibera la Regione oggi “lamenta” il deficit riscontrato negli ultimi anni nella produzione di energia elettrica rispetto al fabbisogno regionale (-19,7%).
Lacrime amare vengono poi versate sulla scarsa incidenza delle rinnovabili in tale contesto. Come invertire questa tendenza e raggiungere i nuoviobiettivi UE secondo la Giunta Zingaretti? Non certo con le rinnovabili vere. Decidono le lobby… pardon gli “stakeholders”.
La Corte Costituzionale ha dato il via libera al referendum contro le perforazioni in mare e sulla terra ferma, alla ricerca di petrolio e gas. Inizialmente i quesiti erano sei, ma poi il governo Renzi ha cambiato certe decisioni per cercare di evitare i referendum, senza però riuscirci completamente. Il quesito superstite riguarderà la durata delle autorizzazioni già rilasciate per l’esplorazione e le trivellazioni alla ricerca dei giacimenti. Ora al governo restano due scelte: accogliere integralmente il quesito (con successivo ok della Corte di Cassazione) oppure stabilire la data del referendum, che si dovrà svolgere comunque in primavera, affidandosi alla scelta degli elettori.
Nel 2015 l’investimento complessivo nelle energie rinnovabili è stato di 329 miliardi di dollari (oltre 303,5 miliardi di euro) nel mondo (fonte: Bloomberg New Energy Finance). Una cifra record, del 4% superiore a quella investita nell’anno precedente. Altro record, l’anno scorso, la capacità installata “verde” pari a 64 gigawatt da fonte eolica e 57 gigawatt da fotovoltaico.
Sono soprattutto l’oriente e il Sud America a guidare il boom: la Cina ha investito 110,5 miliardi di dollari, il Giappone 43,6 miliardi, l’India “solamente” 10,9 milioni, ma ha fatto registrare una crescita del 23% rispetto al 2014. Il Messico ha più che raddoppiato (+ 114%) rispetto al 2014 con 4,2 miliardi d’investimento, il Cile ha investito 3,5 miliardi (+ 157%). Impennata in Sud Africa con un + 329% e 4,5 miliardi di investimenti. Al contrario in Europa gli investimenti totali sono scesi del 18%, a 58,5 miliardi con il Regno Unito leader con 23,4 miliardi (+24%), davanti a Germania (10,6 miliardi e – 42%) e la Francia (2,9 miliardi e – 53%). In Italia il governo punta su petrolio e inceneritori, antieconomici ed inquinanti. Una retromarcia avviata da tempo: nel 2014, a fronte di un +16% di investimenti in fonti rinnovabili nel mondo, l’Italia ha registrato -60%