I tentacoli delle mafie si stringono sempre più attorno alle province di Latina e Roma. Ad assicurarlo, riferendo sull’attività che ha svolto nei primi tre mesi del 2015, è la Dia, nella relazione che ha ora presentato alla Camera. Un territorio dove operano e fanno affari le principali organizzazioni criminali italiane – cosa nostra, ‘ndrangheta e camorra – a cui si sono aggiunti Mafia Capitale e il clan Casamonica.
Secondo la Direzione investigativa antimafia, il Lazio, la capitale in primis, è un “forte collettore degli interessi criminali delle mafie, anche in ragione delle particolari condizioni sociali e ambientali che hanno favorito, col tempo, l’insediamento di esponenti di cosa nostra”. Un’area dove “l’interazione con la criminalità organizzata romana e con esponenti delle altre associazioni mafiose si sarebbe realizzata, in una comune logica di sommersione, attraverso la spartizione strategica del territorio”. E ancora: “Si conferma la tendenza di cosa nostra a infiltrarsi nell’economia legale, attraverso condotte finalizzate al riciclaggio e al reimpiego di capitali illeciti in attività imprenditoriali”. A Latina i segnali delle infiltrazioni dei clan siciliani sono ritenuti evidenti al Mof di Fondi, dove gli stessi opererebbero “mediante referenti locali legati alle famiglie gelesi e catanesi”. Altri settori di interesse per cosa nostra sarebbero poi l’immobiliare, l’edilizia, la finanza e la ristorazione.
Per la ‘ndrangheta, invece, “le province di Roma e Latina sono state al centro degli interessi dell’organizzazione proprio in ragione dei ritorni derivanti dal possibile condizionamento della pubblica amministrazione e dall’infiltrazione in un tessuto economico ad alta densità commerciale”. Lughissimo l’elenco delle famiglie calabresi operanti nell’area romana, ritenute in affari anche, per quanto riguarda i Gallace-Novella, con gli Andreacchio di Nettuno. Ricordata poi, in terra pontina, la presenza di “individui contigui” ai Tripodo, Bellocco, Pesce, Garruzzo e, su Aprilia, agli Alvaro.
Infine viene ritenuta consolidata la presenza di “sodalizi camorristici provenienti dalle province di Napoli, Caserta e Avellino, che avrebbero assunto, in alcuni casi, connotazioni strutturali autonome, saldandosi con gruppi locali”. Strutture impegnate nel traffico di stupefacenti, con il clan Senese alleato ai Pagnozzi, nella gestione di attività alberghiere, di ristorazione e commercializzazione auto, e nel reinvestimento di capitali nella ristorazione e nell’immobiliare, con il clan Contini alleato dei Licciardi, senza dimenticare il contrabbando, con i gruppi Giuliano e Anastasio. “Latina – si legge sempre nella relazione della Dia – risulta area d’interesse per gli aggregati camorristici provenienti dal casertano (La Torre, Esposito, casalesi e Bardellino-Noviello) e dall’area settentrionale del capoluogo campano (gruppi Longobardi, Beneduce, Moccia e Mallardo)”. E business della camorra sempre nei trasporti di ortofrutta al Mof.
Ma nel rapporto vengono indicati questa volta anche Mafia Capitale, che sarebbe stata in grado come e meglio di altri di infiltrarsi nella pubblica amministrazione, e il clan Casamonica. Un territorio dunque aggredito pesantemente dalle organizzazioni mafiose, locali e non.