DOV’È IL PIANO PAESISTICO?
Ancora oggi nel Lazio manca una legge paesaggistica, ossia contenente tutti i vincoli a difesa del territorio: geologici, idro-geologici, archeologici, eccetera eccetera. Si tratta del P.T.P.R., o Piano Territoriale Paesistico Regionale. Dopo anni di tira e molla e ritardi, prima nel 1998 e poi nel 2007 la nostra Regione era comunque riuscita ad approvare un Piano Regionale di massima che però doveva essere perfezionato con il contributo delle Amministrazioni locali. Per tutta risposta sono arrivate oltre 20mila osservazioni dai 378 Comuni che hanno letteralmente ingolfato gli uffici de La Pisana, i quali a loro volta dovevano rispondere con delle “controdeduzioni”. Si è arrivati alla paralisi o quasi. Ora c’è la bozza preliminare di questo documento, votata dal Consiglio Regionale a luglio 2007, ma non è mai divenuta legge. «Entro il 2015 speriamo di portare il Piano (cioè il P.T.P.R, ndr) in Consiglio regionale per l’approvazione definitiva». Lo disse l’assessore regionale all’urbanistica, Michele Civita, nel febbraio dell’anno passato. Così, mentre le proroghe continuano a susseguirsi di anno in anno, gli amministratori pubblici regionali e locali fanno finta di non vedere le gru che spuntano in zone a rischio idro-geologico, destinate al verde pubblico, all’agricoltura, accanto a reperti archeologici e via discorrendo. Certo, spetta allo Stato determinare i princìpi generali, ma poi la legge nazionale mette nelle mani di Regioni e Comuni poteri pressoché illimitati in materia di pianificazione, tutela e controllo urbanistico.
A RISCHIO L’AGRO TRA ROMA E LATINA
Si tratta di un problema che, in passato, ha investito soprattutto le aree urbane, vittime di abusivismo, condoni e sanatorie a tutto spiano.
Ma a rischio ora – secondo i tecnici dell’Istituto Nazionale di Urbanistica – sono soprattutto le zone extra-urbane, ossia le campagne. A cominciare dall’area vasta ricompresa tra i Castelli Romani, il Litorale Laziale a sud di Roma, il nord-Pontino e i monti Lepini. Un piccolo paradiso terrestre considerato una delle zone più a rischio d’Italia dagli accademici del Politecnico di Milano che hanno realizzato il rapporto 2016 dell’INU sul consumo di suolo in Italia: “Si tratta di territori ad elevato valore, soprattutto agricolo – sottolineano i tecnici dell’importante Istituto – dove gli insediamenti civili e industriali rischiano di compromettere vocazioni e qualità. Proprio qui – concludono – si assiste alla proliferazione di nuove aree edificate fortemente frammentate, prodromo di una ‘saldatura’ tra Roma e Napoli”. Coi rispettivi clan delle mafie del cemento pronti ad estendere i confini dei “propri” territori.
La politica saprà mantenere la schiena dritta? L’ottava proroga del necessario e finora congelato Piano Territoriale Paesistico Regionale scadrà il prossimo 14 febbraio. Molto presto, quindi, probabilmente avremo già una prima risposta!
A rischio l'agro tra Roma e Latina
Una Regione con il far west del cemento che dimentica la legge paesaggistica
Il copione è sempre lo stesso, una sorta di far west. E poco importa che si parli di energia, rifiuti o cemento. Pezzi interi di territorio lasciati nelle mani dei privati che, spesso, hanno l’unico scopo del business per i propri interessi, in spregio della qualità della vita, della sicurezza dei territori e del bene comune, ignorando o andando contro quella che la Costituzione definisce “funzione sociale dell’economia”.
21/01/2016
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