L’ultima enorme vasca per seppellire ogni anno circa 100mila tonnellate di immondizia indifferenziata, attiva dal 1° agosto 2011, è dunque pressoché agli sgoccioli. Qui scaricano rifiuti i Comuni di Albano, Ariccia, Castel Gandolfo, Marino, Rocca di Papa, Ardea, Pomezia, Lanuvio, Genzano e Nemi. Secondo le autorizzazioni concesse nel 2009 dalla Regione Lazio, sarebbe dovuta durare fino al 2020.
CONFERMATE PREVISIONI E NON SMENTITI I DUBBI
Invece, come possiamo vedere, è quasi completamente esaurita. Il nuovo blitz aereo conferma quanto già raccontato da il Caffè a marzo 2014, ossia che l’ecomostro si riempie ad un ritmo ben più veloce rispetto alle previsioni ufficiali. E ripropongono le domande su cosa effettivamente venga interrato là sotto e come sia gestito il sito.
Ora per gli amministratori pubblici restano due alternative: continuare ad ammassare pattume e chissà cos’altro sopra il livello della campagna, innalzando così una vera e propria montagna di rifiuti, come già accaduto in molte analoghe situazioni, ad esempio a Borgo Montello, Latina. Oppure dovranno autorizzare e avviare quanto prima una nuova buca, l’ottavo invaso. L’ipotesi di fare una collina di rifiuti è già stata autorizza dalla Regione Lazio, per mano del dirigente Luca Fegatelli, poi arrestato a gennaio 2014 con il padrone e con il direttore tecnico della discarica. In ogni caso, una sconfitta per l’ambiente, per la salute e per la legalità visto che per legge ogni Comune dovrebbe smettere di seppellire in discarica i rifiuti e visto che quasi nessun Comune è in regola con la legislazione in materia di gestione dei rifiuti. Tanto che dal 1995 al livello nazionale e dal 1998 nel Lazio la legge impone la “ecotassa”: un balzello sui rifiuti portati in discarica nato per disincentivare il conferimento in discarica e favorire metodi ecosostenibili, ma che si è trasformato in un sistema di rincari sui cittadini a vantaggio delle lobby del settore.
LO SCANDALO RONCIGLIANO NON SI CHIUDE
Molto probabilmente l’inceneritore più grande d’Europa accanto a questa discarica non si costruirà ma l’affaire Roncigliano sembra tutt’altro che risolto. Del resto, come ha mostrato una recente inchiesta pubblicata dal Caffè (n. 342), gran parte dei Comuni dei Castelli Romani e del Litorale Laziale a sud di Roma – a cominciare proprio da Albano – è ben lontana dai livelli minimi di raccolta differenziata porta a porta imposti dalla legge, che richiede una percentuale di almeno il 65%. A nulla, del resto, è valso nemmeno l’allarme lanciato dall’ERAS Lazio (Epidemiologia, Rifiuti, Ambiente, Salute), il programma epidemiologico della Regione Lazio sullo stato di salute della popolazione residente nei pressi delle discariche e altri impianti di trattamento dei rifiuti, che ha acclarato che nei pressi di Roncigliano si muore e ci si ammala di più rispetto al resto della regione (leggi Caffè n. 282).
UCCELLI A CACCIA DI RIFIUTI E ARIA IRRESPIRABILE
Magistrati, Carabinieri, Finanzieri e funzionari dell’Arpa Lazio, l’Agenzia Regionale di Protezione Ambientale, e dell’Ispra CNR, l’Istituto Superiore di Protezione e Ricerca Ambientale, hanno continuato a lamentare a più riprese negli ultimi anni una gestione fuori-legge del sito. Non a caso da maggio 2014 il 7° invaso è divenuto il filone principale del processo a Manlio Cerroni, l’imprenditore che le Procure di Roma e Velletri considerano il “boss” dei rifiuti della Regione Lazio.
La discarica di Roncigliano resta una delle più care d’Italia e la puzza continua a togliere il fiato. Eppure Regione Lazio, Area Metropolitana e amministratori locali le altre città interessate restano a guardare. A dicembre 2012, il Comune di Albano aveva deliberato di far effettuare entro aprile 2013 dall’Ispra le analisi all’esterno del sito, al costo di 30mila euro. Analisi che l’Arpa Lazio invocava dal 2011. Ma finora nessun dato è stato reso noto.