Intascata una mazzetta, chiuse un occhio sull’infrazione commessa da un automobilista e gli restituì la patente. Questa la verità giudiziaria emersa, a distanza di sei anni dai fatti e dopo tre processi, che ha portato a una condanna definitiva per un carabiniere di Pomezia. Il 5 luglio 2009 il militare Dino B., 46anni, appartenente al Nucleo Operativo Radiomobile di Pomezia, contestò una serie di infrazioni a un automobilista, una delle quali comportava il ritiro della patente di guida. Il conducente dell’auto, un commerciante del posto, avrebbe cercato di evitare il ritiro del documento, che in quel momento non aveva con sé e che consegnò al carabiniere successivamente, dopo che il militare si presentò nel suo negozio. Il giorno dopo, come concordato sempre con il carabiniere, il commerciante si recò quindi in caserma, diede 300 euro all’investigatore del Norm e ottenne subito indietro la patente. Prima di pagare la “mazzetta”, il commerciante annotò però i numeri di serie delle banconote e Dino B. venne indagato e poi processato. Il Tribunale di Velletri, il 16 maggio 2012, condannò il militare per concussione. Il carabiniere impugnò la sentenza, ma la condanna venne confermata dalla Corte d’Appello di Roma, seppure rideterminando la pena essendo stato riqualificato il reato in induzione indebita a dare o promettere utilità, alla luce della riforma del codice. E inutile è stato il ricorso di Dino B. in Cassazione. Gli ermellini lo hanno dichiarato inammissibile, avallando la sentenza d’appello, ritenendo che il militare avesse poi cercato di “coprire” l’accaduto e condannandolo anche a pagare mille euro alla cassa delle ammende.
21/11/2015