Ma era tutta una bufala per sperperare denaro pubblico con progettazioni e incarichi che finora non hanno fatto muovere neanche una carriola.
DANNO DA 19,4 MILIONI DI EURO
La sezione del Lazio della Corte dei Conti ha accertato un danno erariale di 19,42 milioni di euro in capo a coloro che all’epoca erano i responsabili politici e amministrativi della Regione Lazio (vedi box), oltre ai componenti di nomina pubblica di Arcea, la società pubblico-privata che avrebbe dovuto costruire e gestire l’opera insieme alla bretella Cisterna-Valmontone. Solo uno degli undici condannati però, Raniero De Filippis ex Direttore del dipartimento Territorio della Regione, attualmente sospeso dall’incarico perché arrestato nello scandalo rifiuti dell’affaire “Cerroni”, dovrà pagare 600mila euro: pena peraltro ridotta perché secondo la Corte non è stato l’unico ad omettere i suoi doveri d’ufficio. Tutti gli altri quindi, pur ritenuti responsabili del danno arrecato alle casse pubbliche, non pagheranno nulla perché il reato è stato prescritto.
“SCHEMI ILLECITI” IN STILE CRICCA
Altrettanto inquietante però è l’accostamento fatto dal magistrato contabile, Rosa Francavilla, che nel luglio scorso aveva chiesto la condanna degli imputati a risarcire lo Stato gabbato. Per la vicenda della Roma-Latina si erano ravvisati “gli stessi schemi illeciti” riscontrati nel gigantesco scandalo del MOSE a Venezia; scandalo che aveva portato in carcere, tra gli altri, il Sindaco della città lagunare Giorgio Orsoni e l’ex governatore del Veneto Giancarlo Galan. Secondo il PM del processo MSE le condotte illecite e omissive erano “tese a favorire il socio privato di Arcea, che ha avuto l’incarico di progettazione grazie ad un affidamento diretto”. Un giudizio così pesante si giustifica con un semplice fatto: in entrambe le vicende ci sono di mezzo persone rimaste per lo più in ombra. Lo si desume da un attento approfondimento degli atti.
I BURATTINAI NELL’OMBRA
Arcea SpA infatti, era una società mista dove la Regione Lazio deteneva il 51% delle azioni: il restante 49% era in mano ad una un’Associazione Temporanea d’Impresa, composta da Autostrade (34%) del gruppo Benetton, dal Consorzio 2050 (10%) e dal Monte dei Paschi di Siena Merchant (5%). Il Consorzio 2050, a sua volta, era composto dalla Società Costruzione Strade Moderne Srl che fa capo ad Erasmo Cinque (storico amico di Francesco Storace), dal Consorzio Coop. Costruttori della Lega delle Cooperative (le ‘rosse’), dalla società di ingegneria Spea (Gruppo Autostrade) e dalla Ingegneri Associati. Era proprio il Consorzio 2050, secondo la Corte dei Conti, il beneficiario degli illeciti. Il presidente di questo sodalizio all’epoca era Erasmo Cinque, mentre alla Vicepresidenza c’era un uomo della Lega delle Coop. Tra gli altri Consiglieri del CdA del Consorzio 2050 però si trovava anche Duccio Astaldi, Presidente dell’omonimo colosso delle costruzioni che, curiosamente, oggi fa parte di una delle due cordate che hanno presentato offerte per la realizzazione della Roma – Latina.
CEMENTO, AFFARI E POLITICA
Lo stesso Astaldi, in quanto Presidente del Consorzio Venezia Nuova, insieme al suo ex suocero Paolo Bruno (già Presidente della società Condotte SpA, deceduto lo scorso anno) e al poliedrico Erasmo Cinque, anche se non indagato ufficialmente, è citato più volte nella richiesta di arresto di Giancarlo Galan depositata presso la Camera dei Deputati dai magistrati veneziani. Tra gli arrestati nell’inchiesta MOSE c’è uno dei “fortunati” della sentenza della Corte dei Conti. È l’ex Magistrato della Acque di Venezia Patrizio Cuccioletta che a suo tempo era anche dirigente della Regione Lazio: dopo l’arresto avrebbe ammesso di aver preso soldi in cambio della omissione dei controlli sull’esecuzione dei lavori. Con molta probabilità quindi è questo l’accostamento che ha voluto indicare la sentenza della Corte dei Conti.
Ultima coincidenza: il MOSE e la Roma – Latina sono entrambe dei “project financing”, rispettivamente da 5,2 e quasi 3 miliardi di euro. Progetti in cui, sulla carta i privati anticipano i soldi in soccorso degli enti pubblici, ma rivelatisi troppo spesso delle bufale per aggirare la concorrenza e accollare i debiti ai cittadini. Montagne di soldi dove tra appalti, sub appalti, consulenze, collaudi e pareri, è facile incappare in omissioni d’atti d’ufficio. Ma tanto poi arriva la prescrizione.
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POLITICI E DIRIGENTI SALVATI DALLA PRESCRIZIONE
1) Francesco Storace, all’epoca dei fatti Presidente della Regione, ex Ministro della Salute e attuale Consigliere regionale;
3) Raimondo Besson, ex Dirigente del dipartimento Opere, Mobilità e Infrastrutture della Regione Lazio, ex Consigliere di Acea Ato 2 SpA, attuale Amministratore delegato di Acqualatina SpA per nomina del socio privato;
4) Bernardo Maria Fabrizio, attuale Dirigente del settore mobilità su gomma dell’Assessorato Opere, Mobilita e Infrastrutture della Regione;
5) Patrizio Cuccioletta, ex Magistrato delle Acque a Venezia ed ex Capo Dipartimento del Territorio della Regione Lazio, in attesa di processo per lo scandalo MOSE;
6) Andrea Abodi, ex Presidente di Arcea, la società pubblico-privata incaricata della realizzazione e della gestione dell’opera, attuale Presidente della Lega Calcio di serie B;
7) Ruggiero Borgia, Amministratore Delegato di Arcea nominato dal socio privato;
8) Flavio De Luca, Roberto Serrentino e Aurelio Saitta, a suo tempo Consiglieri di Amministrazione di parte pubblica in Arcea.